Siamo in pieno autunno e da che mondo è mondo cadono le foglie. Sulle strade, nelle piazze e lungo i marciapiedi bisognerà certamente raccoglierle per evitare le molte conseguenze che producono. Nei parchi e nei giardini, pubblici o privati che siano, chi lo sa. Possiamo rastrellarle e rimuoverle oppure lasciarle a nutrire l’humus, usarle per la pacciamatura o per produrre compost.
Ma qual è la scelta più sostenibile per tutte le foglie che finiscono sul terreno?
Filiera di recupero
La certezza è una sola: le foglie sono una risorsa, sia che rimangano in giardino, sia che vengano avviate al compostaggio, perché una filiera di recupero esiste. Organizzare una gestione sostenibile del fogliame caduto, degli sfalci e dei rametti però non scontato per i Comuni. E nemmeno i privati cittadini hanno sempre chiaro cosa fare con il materiale raccolto nei loro giardini. La qualificazione giuridica degli sfalci e delle potature, infatti, non è univoca. E la legge di riferimento, la n. 37 del 3 maggio 2019, all’articolo 20, è frutto di una serie di modifiche finalizzate a semplificare la gestione dei materiali vegetali e a conformare la normativa italiana alla normativa europea in materia del 2018.
Cosa dice la legge
Sta di fatto che grazie a questa legge in Italia sfalci e potature sono stati esclusi dalla normativa sui rifiuti, seppure ad alcune condizioni: che derivino dalle normali pratiche colturali legate alle attività agricolo-forestali o dalla manutenzione del verde pubblico dei Comuni, che non siano pericolosi. E che una volta raccolti siano utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per produrre energia attraverso metodi che non danneggino l’ambiente né la salute umana. Al contrario, se provengono da altre attività – ad esempio da aree verdi private – sono a tutti gli effetti qualificabili come rifiuti (urbani o speciali), sulla base dell’articolo 184 del d. lgs. 152/2006.
Gestire il verde domestico
Fogliame e rametti provenienti dai balconi, cortili o giardini delle nostre case ai fini della legge sono dunque un rifiuto. Per gestirli ogni Comune fornisce, o dovrebbe, una procedura di riferimento, che solitamente varia in base alle quantità di materiale raccolto. Piccole quantità di “verde domestico” in linea di massima si possono conferire nei contenitori per l’umido mentre grosse quantità, rami e resti di potature vanno portate nei centri di raccolta comunali. A Roma, per esempio, i privati cittadini (l’Ama specifica che «sono escluse dal servizio le ditte con furgoni e camion») possono portare foglie, erba falciata e potature in alcune isole ecologiche adibite ad accoglierle. Attenzione però: è vietato conferire rami di Palma Phoenix affetti da punteruolo rosso.
Parola all’esperto
E a quel punto che strada prendono queste biomasse? Ce lo spiega Massimo Centemero, direttore generale del “Consorzio italiano compostatori” (Cic) che promuove dal 1992 il riciclo della frazione organica dei rifiuti con oltre 150 impianti in tutta Italia:
«Gli scarti vegetali di parchi e giardini vengono compostati, al pari di altri materiali organici – dice – In questo modo si producono a livello nazionale oltre due milioni di tonnellate l’anno di compost, un prezioso concime naturale».
Una quantità notevole, insomma, cui anche il fogliame d’autunno può dare il suo contributo. E che torna utile, nel segno dell’economia circolare, anche sul piano energetico: basti pensare che dall’intera frazione organica, oltre al compost, si ricavano 370 milioni di metri cubi di biogas che permettono di produrre circa 437.5 MWh di elettricità e 128.7 MWh di energia termica più 93 milioni di metri cubi di biometano per l’autotrazione. Tutto questo, con ampi margini di miglioramento che riguardano in particolare le regioni centro-meridionali, dove la raccolta pro-capite di materiale organico sfiora i 100 Kg contro la media nazionale di 125,2 Kg e punte da 180 Kg ad esempio in Emilia Romagna. In più non tutto il verde raccolto finisce negli impianti che possono restituirgli valore: «Una parte si disperde. Ed è difficile capire se questo dipenda dai Comuni, dai cittadini, dai giardinieri o dai servizi di raccolta».
Visione sistemica
Ma in realtà c’è chi pensa che sia meglio lasciare le foglie al loro posto, dove finiscono quando si staccando dal ramo. Come Olivier Fontaine, che vive a Torino, insegna meteorologia e pratica la permacultura:
«Dal punto di vista naturalistico e sistemico questa scelta è la più giusta, visto che rimuovere le foglie cadute significa sottrarle al proprio ciclo naturale», spiega.
Per comprendere il suo approccio dobbiamo ripercorrere l’intero ciclo di vita delle foglie, che sono composte da quanto l’albero prende dal suolo (sano o inquinato che sia), dall’acqua che cade loro addosso con tanto di batteri e da ciò che assorbono dall’atmosfera.
Quando una foglia cade al suolo, insomma, non rappresenta qualcosa di inerte: «Tutte le sostanze nutritive che contiene fanno parte di un ciclo che coinvolge altri viventi come insetti, larve, batteri, funghi che poi decompongono la foglia, nutrendosi di ciò che l’albero ha prelevato a cinque o venti metri di profondità». Se si interrompe questo ciclo si ferma la creazione dell’humus e la trasformazione naturale di tutto questo materiale tramite i vari organismi, togliendo la possibilità all’albero o ad altre piante di riutilizzarlo.
Triturare o radunare?
Ma quindi, se volessimo lasciare le foglie dove cadono, quale sarebbe la soluzione ottimale? Triturarle sul prato con il tagliaerba, radunarle in alcuni punti del giardino? Lasciare come si trovano? La risposta della permacultura è: dipende. «Bisogna capire cosa si sta cercando – aggiunge Olivier – Triturare le foglie con il tosaerba distrugge tutta la fauna: gli insetti, le larve, le uova che sono nell’erba e che sono importanti per quel terreno. Lasciare tutte le foglie non fa bene al prato. Bisogna vedere le cose nella loro evoluzione».
Eindhoven insegna
In quest’ottica agisce il Comune di Eindhoven, nei Paesi Bassi, dove nell’autunno scorso è partita l’iniziativa “Missione foglia d’oro”. Secondo l’amministrazione, lasciare che le foglie autunnali nei parchi e nei giardini si decompongano aumenta la salute degli insetti e del suolo. Dal punto di vista ecologico, le foglie cadute valgono oro. «Si sta cercando di cambiare l’idea di come debbano essere gli spazi pubblici. La città vuole mettere in pensione i soffiatori di foglie nei parchi e creare uno strato di sostanza vegetale calda e umida in inverno per la vita degli insetti, anche se sembra più disordinato» ha dichiarato al Guardian il portavoce del Comune di Eindhoven, Martijn van Gessel. Il Comune ha inoltre collocato 200 “cestini per le foglie” in tutta la città, incoraggiando le persone che raccolgono le foglie cadute in strada o a casa a depositarle lì dentro, affinché vengano poi tagliate a cubetti, pacciamate e utilizzate come compost per le piante della città a primavera.
In ogni caso, ovunque ci troviamo, mai più foglie secche in discarica!