Sui luoghi di Giò Urbinati. Addio al maestro della ceramica
Cultura

Sui luoghi di Giò Urbinati. Addio al maestro della ceramica

È mancato ieri, all’età di 76 anni, l’artista riminese, noto in tutto il mondo per le sue creazioni legate al paesaggio umano e materiale della Romagna. Ne raccontiamo la poetica passeggiando nel “Giardino degli orti dimenticati” a Pennabilli, dove è maturato il sodalizio umano e artistico con Tonino Guerra

Roberta Sapio 3 Maggio 2023

«Una mattina di giugno alle 7 e mezza, nel 1989, mi telefona Tonino Guerra dicendomi di aver visto in casa di un critico d’arte a Santarcangelo due mie opere e di esserne rimasto molto colpito. La nostra collaborazione è cominciata da lì:

“A fasem una mostra insem?” mi ha chiesto.

E così è nata qualche mese dopo “La cattedrale dove va a dormire il mare”, la mostra che abbiamo creato a quattro mani nella chiesa sconsacrata a Budrio di Bologna».

Sui monti della Romagna

Abbiamo raccolto queste parole da Giovanni Urbinati, detto Giò, poche settimane fa, dopo Natale. Stavamo lavorando a un articolo sugli “Orti dei frutti dimenticati”, l’installazione di land art pensata da Tonino Guerra nel ’90 a Pennabilli, sui monti della Romagna, che proprio da quella mostra ricava molte suggestioni. Parole che adesso, quando Urbinati ci ha lasciato senza alcun preavviso, il 2 maggio, qualche giorno dopo l’inaugurazione della sua ultima mostra nella Rimini in cui era nato 76 anni fa, si riempiono di ulteriori sfumature ed emozioni.

 

Addio a Giò Urbinati

L’Orto dei frutti dimenticati a Pennabilli (Rn. Foto: museoiluoghidellanima.it)

 

Paesaggi umani e materiali

Ceramista finissimo e scultore ispirato ai paesaggi umani e materiali della sua terra, Urbinati lascia un segno indelebile nel panorama artistico del dopoguerra interpretando come pochi «il rapporto tra uomo e natura nella mediazione artistica», per riprendere le parole con cui lo ha ricordato il sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad. E passeggiare a Pennabilli, nel museo a cielo aperto che il suo amico e collega di una vita ha dedicato ai “Luoghi dell’anima”, o forse ancora di più all’anima stessa, significa quasi ascoltarne di nuovo la voce, percepirne la personalità. Qui infatti, nel cuore della Valmarecchia, al confine con Toscana e Marche, ci si trova immersi in una grande area che induce ad uno sguardo metafisico sugli elementi quotidiani del paesaggio antropico. Il percorso comprende sette tappe, di cui “L’orto dei frutti dimenticati” rappresenta quella fondativa, ideata nel 1989 con il contributo delle associazioni “Pennabilli Antiquariato” e “Amici della Valmarecchia”, della Pro Loco in collaborazione con il Comune, cui oggi si aggiunge l’associazione intitolata a Tonino Guerra.

 

Tonino Guerra davanti a uno dei sette tappeti in ceramica creati da Giò Urbinati

Tonino Guerra davanti a uno dei sette tappeti in ceramica creati da Giò Urbinati (Foto: museoiluoghidellanima.it)

Definito dallo stesso Tonino «un museo dei sapori, utile a farci toccare il passato» raccoglie al suo interno piante da frutto appartenenti alla flora spontanea appenninica con l’obiettivo di scongiurarne l’estinzione e l’oblio.

Oltre il cancello, un mondo fantastico

Giuseppe Giannini, il direttore del museo, ne racconta la genesi: «All’inizio non c’era un vero e proprio progetto, le cose venivano pensate di volta in volta, sulla scorta della poetica e delle idee di Tonino. Insieme al vivaista e giornalista Carlo Pagani, mettemmo a dimora l’enorme collezione di specie dimenticate in questo angolo del paese. E il successo fu enorme». Il fascino di questa intuizione si avverte ancora oggi: al di là di un piccolo cancello ci s’immerge in un mondo fantastico, definito dalla parete rocciosa della rupe e dalla valle del Messa che si staglia sullo sfondo. Qui si trovano diverse specie di mele, la corniola, il giuggiolo, il biricoccolo, la ciliegia cuccarina, il sorbolo, l’uva spina, solo per citare alcune varietà da frutto. In tempi più recenti questo microcosmo si è arricchito di altri arbusti come le buddleie o il Gelso della pace in onore della visita nel 1994 del XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, per l’anniversario della morte del tibetologo e missionario Francesco Orazio Olivieri della Penna.

 

La fioritura nell'Orto dei frutti dimenticati (Foto: WIkimedia)

La fioritura nell’Orto dei frutti dimenticati (Foto: Wikimedia)

Arte fra gli alberi

Tra gli alberi emergono diverse opere di artisti contemporanei in una speciale commistione fra creatività umana e paesaggio. Compreso “L’Arco delle favole per gli occhi dell’infanzia”, realizzato nel ’95 proprio da Giò Urbinati con un rivestimento di ceramica multicolore. E ancora, nella frazione di Bascio Alta, un’altra opera del maestro appena scomparso: i sette tappeti del giardino pietrificato, dedicati ad altrettanti personaggi storici della Valmarecchia, sui quali Guerra, nel ’91, gli aveva proposto di lavorare proprio a seguito del successo ottenuto durante la mostra di Budrio.

 

«Avevo campo totalmente libero, l’unica condizione che mi aveva posto Tonino fu che uno dei tappeti raffigurasse un suo disegno – ci ha raccontato Urbinati, sempre durante l’incontro di poche settimane fa – Per questo ho realizzato l’Anatra con il collo azzurro, dedicandola a lui».

E il numero sette, tipico di molte religioni e della filosofia zen, ricorre anche negli splendidi totem in legno e ceramica, a firma sempre di Urbinati, contenenti aforismi e libere riflessioni di Guerra.

Suoni, forme, colori

Passato l’arco, gli stimoli non mancano, tutti nel segno della poliedricità espressiva: ci si imbatte in una fontana, progettata da Tonino, a forma di foglia in legno di quercia con venature costituite da tubi di rame dalle quali zampilla dell’acqua che, ricadendo sopra un’antica mola di pietra, produce una sonorità suggestiva. Proseguendo, la nostra attenzione cade sulla “Meridiana dell’incontro”, un orologio solare bronzeo realizzato dallo scultore polacco Krysztof Bednarsky, raffigurante due colombi che, grazie alla proiezione della loro ombra sulla pietra, si trasformano nei profili di Federico Fellini e Giulietta Masina.

 

La meridiana in bronzo di Krysztof Bednarsky (Foto: museoiluoghidellanima.it)

La meridiana in bronzo di Krysztof Bednarsky (Foto: museoiluoghidellanima.it)

Lascito geniale

Si giunge, infine, all’antico lavatoio cittadino sul tetto del quale si scorge una speciale meridiana. Lo gnomone, infatti, è costituito dal corpo stesso del visitatore che si colloca in corrispondenza del mese corrente. Un altro geniale lascito di Giò Urbinati, arricchito da due rosoni in ceramica raffiguranti il sole e la luna, in questo luogo che racconta l’amicizia fra due straordinarie figure che continuano a parlarci di arte e umanità, cosmo e natura, come se fossero ancora presenti.

Condividi questo articolo: