L’Italia vara il “Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici” Foto: Asvis
Resilienza

L’Italia vara il “Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”

Il documento, a sei anni dalla prima bozza, stato approvato dal Ministero dell’Ambiente alla fine del 2023. Un importante passo avanti nella gestione dei fenomeni meteorologici estremi che in Italia hanno provocato, negli ultimi quarant’anni, fra i 74 e i 90 miliardi di euro

Francesca Santoro 10 Gennaio 2024

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha approvato, proprio alla fine del 2023, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc). Dopo oltre 6 anni dalla prima bozza, l’approvazione rappresenta un momento fondamentale verso una strategia significativa nel contrasto alla crisi climatica nel nostro Paese, a ogni livello decisionale.

Il prezzo dei fenomeni estremi

Il Piano è suddiviso in diverse sezioni tra cui la legislazione di riferimento, gli impatti dei cambiamenti climatici in Italia e le vulnerabilità dei vari settori. Vi si legge che a causa della crisi climatica il nostro paese «rischia di pagare un prezzo altissimo in termini di capacità produttiva, perdita di Pil e di posti di lavoro». L’Italia vanta, ad esempio, rispetto agli altri Paesi europei, «il triste primato del valore economico delle perdite subite» a causa degli eventi meteo estremi negli ultimi quarant’anni, perdite stimate fra i 74 e i 90 miliardi di euro.

Inoltre il Piano sottolinea che siccità e scarsità d’acqua andranno aumentando in diverse regioni, generando «seri problemi di accesso all’acqua potabile» e così via.

Livelli di applicazione

Il Piano elenca 361 possibili azioni da intraprendere in vari settori (risorse idriche, dissesto idrogeologico, foreste, zone costiere, insediamenti urbani, agricoltura, pesca, sanità, energia, trasporti e altre ancora) più una serie di indicazioni per integrarle nella pianificazione territoriale locale e regionale. Le azioni si differenziano secondo tre diversi livelli di applicazione: le azioni soft non comprendono interventi materiali ma informativi, organizzativi e partecipativi, le green sono interventi “nature-based”, le grey prevedono interventi infrastrutturali.

 

 

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Governance e formazione

Una delle prime azioni da avviare, entro il 21 marzo, è la definizione di una struttura di governance nazionale, di coordinamento tra i vari livelli di amministrazione territoriale e gli ambiti di intervento, nonché l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, composto dai rappresentanti delle Regioni e degli enti locali, per individuare le priorità territoriali e settoriali e monitorare l’efficacia delle azioni intraprese.

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Accanto all’Osservatorio, un forum permanente per la promuovere l’informazione, la formazione e la capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse, organo consultivo dell’Osservatorio.

Il commento delle associazioni

Organizzazioni come Wwf, Legambiente e ASviS (alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) hanno osservato che il Piano manca quasi totalmente di presentare una stima dei costi delle azioni elencate e una indicazione sul loro finanziamento. Come conferma Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile:

 

Enrico Giovannini

Foto: Asvis

 «Bisogna valutare se e come gli investimenti previsti dal Pnrr o quelli finanziati da altri strumenti, come i fondi europei e nazionali per la coesione, possano contribuire alla realizzazione del Piano».

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