Buono, sano, sostenibile. Tre storie italiane di pane a basso impatto Foto: Tritucum
Sostenibilità

Buono, sano, sostenibile. Tre storie italiane di pane a basso impatto

È tra i cibi più amati ma anche fra i più sprecati. E con un impatto ambientale più forte di quanto possiamo immaginare. Eppure il pane può diventare modello di sostenibilità grazie a filiere corte, varietà antiche, zero chimica e circolarità. Vi raccontiamo come

Silvana Santo 5 Maggio 2025

Proverbiale simbolo di bontà, archetipo stesso del nutrimento, elemento cruciale di riti religiosi e familiari, il pane rappresenta il simbolo per eccellenza della convivialità. Ed è uno dei cibi che vanta forse più ricette, varianti regionali, rivisitazioni e adattamenti. Ma il pane è anche diventato, nella società dell’iperconsumo e dell’opulenza, uno dei generi alimentari più sprecati di sempre. Come qualsiasi altro prodotto, inoltre, non è esente da impatti ambientali in tutte le fasi della sua filiera produttiva.

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Per questo non si contano, negli ultimi anni, le iniziative imprenditoriali made in Italy che puntano proprio a migliorare la sostenibilità del pane e dei suoi derivati. Dal recupero degli scarti di produzione alla riscoperta di antiche varietà di cereali, dalle coltivazioni bio al packaging più ecologico, fioccano le esperienze che vanno nella direzione di un pane che sia “più buono” anche per l’ambiente. Iniziative a volte visionarie e coraggiose, ma che di solito registrano una risposta molto positiva del mercato.

Pane sostenibile, decorazione grafica

Foto: Wayhomestudio/Freepik

Come quelle che vi raccontiamo qui sotto.

1. BIOVA PROJECT, LA BIRRA DAGLI AVANZI

Cominciamo da Biova Project, start up torinese che dal 2019 produce diverse tipologie di birra con l’impiego di pane invenduto, ma anche di rotture di pasta e riso. «Il nostro progetto è nato da una domanda semplice, quasi banale, che ci è venuta facendo i volontari per una onlus che recupera avanzi dai catering per darli in beneficenza: con tutto il pane che avanza ogni giorno, possibile che non si possa fare qualcosa?» racconta Franco Dipietro, fondatore e Ceo di Biova. Da lì, con una buona dose di incoscienza e tanta sperimentazione, il gruppo è passato dalla teoria alla pratica:

Pane sostenibile: Franco Dipietro, fondatore e CEO di Biova

Foto: Birra Biova

«Abbiamo creato la nostra prima birra recuperando il pane invenduto».

Scommessa vinta

Una scommessa vinta, visto il successo del Biova Project. «La risposta è stata entusiastica, soprattutto da parte di clienti attenti alla sostenibilità, ma anche da aziende che cercano prodotti buoni con una storia forte da raccontare – prosegue Dipietro – Al momento collaboriamo con realtà come Ikea, Trenitalia, Carrefour, Coop, Eataly e molti distributori locali. E stiamo lavorando per lanciare un prodotto analcolico».

Pane sostenibile: la birra biova

Foto: Birra Biova

Ripensare la filiera

Nei primi mesi del 2025, l’azienda ha registrato una crescita del 192% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Inoltre, da quando ha aperto i battenti ha introdotto diversi nuovi prodotti, a cominciare dagli snack prodotti con la trebbia, ovvero il malto usato nella birrificazione. «Il nostro obiettivo non è solo recuperare, ma ripensare tutta la filiera: lavoriamo a stretto contatto con partner industriali, Gdo e produttori per costruire sistemi logistici efficienti e locali, che ci permettano di ridurre al minimo i trasporti» spiega ancora il Ceo di Biova.

Pane sostenibile: la lavorazione del pane recuperato per fare la birra Biova

Foto: Birra Biova

Produzioni low carbon

La start-up inoltre sta ragionando su produzioni on demand, piccoli lotti e filiere corte, evitando sprechi anche nella produzione stessa: «La nostra filiera è flessibile, decentralizzata e adattiva: può recuperare pane, pasta, riso, trebbie o altre eccedenze a seconda delle collaborazioni e delle opportunità». Un sistema virtuoso, insomma, grazie al quale le birre Biova vantano una riduzione stimata delle emissioni di CO₂ fino al 30% rispetto a una birra standard, nonché un risparmio di malto d’orzo di circa il 20-25%.

Pane sostenibile: l'imbottigliamento della birra Biova

Foto: Birra Biova

Per saperne di più

www.biovaproject.com


2. TRITICUM, IL MICROPANIFICIO INTEGRALE E NATURALE

L’attenzione complessiva alla filiera è alla base anche delle logiche aziendali del micropanificio Triticum, giovane realtà romana nata dalla volontà del cuoco e panificatore Matteo Valentini, che si è formato in diverse cucine gourmet di varie parti d’Italia e avvicinatosi al pane durante e dopo la pandemia.

Pane sostenibile: Matteo Valentini di Triticum con una pagnotta in mano

Foto: Triticum

«Per il nostro pane utilizziamo solo lievito madre e farine agricole provenienti da grani italiani, sia come coltivazione, sia come varietà».

Materia prima bio

Si tratta di cereali in gran parte biologici, coltivati soprattutto in Sicilia, Basilicata e Piemonte «con un’attenzione alla sostenibilità a 360 gradi, anche per quanto riguarda l’impatto sul suolo e la sostenibilità sociale per i lavoratori» aggiunge Valentini. Precisando che la scelta dei fornitori si basa sempre su una sua conoscenza personale e diretta degli agricoltori, ma anche dei mugnai che il grano lo devono poi macinare. «Per i nostri prodotti usiamo solo farine macinate a pietra e al massimo “burattate” (ovvero sottoposte a una setacciatura parziale, con la quale vengono setacciate solo le parti più grossolane della crusca, ndr) alle quali non vengono aggiunti né glutine né gli enzimi che la legge consentirebbe di addizionare per migliorare la lavorabilità delle farine stesse».

Pane sostenibile: I campi dell'azienda agricola Milonia, in Basilicata, tra i fornitori di Triticum

I campi dell’azienda agricola Milonia, in Basilicata, tra i fornitori di Triticum

Natura e gusto

Lo scopo, insomma, è di ottenere un prodotto finale che abbia non solo delle qualità organolettiche speciali, ma che mantenga il più possibile la sua “naturalità”. Anche in barba, talvolta, alle logiche del profitto e della produttività. «Ne viene fuori un pane più sostenibile e più digeribile, un prodotto naturale e integrale che segue la natura e le sue leggi – racconta il panificatore romano – Ci sono le annate migliori e quelle peggiori, in cui la produzione delle materie prime non è ottimale e bisogna accettare anche un calo nei profitti».

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Grazie a una ricerca laboriosa e allo studio incessante, il laboratorio del Triticum è riuscito nel tempo ad aumentare via via la varietà dei prodotti sfornati: al pane si sono aggiunti pan brioche, pane in cassetta, pizze e focacce, sfogliati e panettoni. Prelibatezze che vengono proposte nel punto vendita di via Peano a Roma, ma anche in diverse realtà della ristorazione della capitale.

Pane sostenibile: il pane di Triticum

Foto: Triticum

Prezzo accessibile

Un’esperienza di successo, insomma, anche grazie ai prezzi che si mantengono competitivi, in barba al pregiudizio per cui la sostenibilità costa troppo. «Il nostro pane costa solo un 15-20% in più rispetto alla media dei prodotti di qualità venduti a Roma – conclude Matteo Valentini – ma si tratta di un pane che dura molto più a lungo e che di conseguenza non viene sprecato, riducendo i costi reali per i consumatori».

Pane sostenibile: il team di Triticum

Foto: Triticum

Per saperne di più

www.triticummicropanificio.com


3. OROPAN, NEL SEGNO DELLA TRADIZIONE

Il maggiore rispetto dell’ambiente, anche in ambito più segnatamente industriale, passa anche dal recupero di antiche sapienze contadine e dal rafforzamento della territorialità, come nel caso di Oropan, storico marchio pugliese del bakery. «La sostenibilità, intesa anche in termini di sviluppo dell’economia del territorio, è stata da sempre un elemento distintivo delle nostre produzioni, a partire dal Pane di Altamura Dop» racconta Domenico D’Antonio, responsabile marketing di Oropan.

Pane sostenibile: Domenico D’Antonio di Oropan

Foto: Oropan

«Così, nel maggio 2024 abbiamo lanciato il nostro Pane Forte, la prima linea al mondo di pane fresco di semola rimacinata di grano duro da filiera sostenibile certificata».

Prodotto responsabile

La certificazione di sostenibilità è stata riconosciuta dall’Iscc Plus, uno dei più importanti standard al mondo, e si basa su diversi aspetti della filiera, che vanno dalla coltivazione del grano alla distribuzione e al confezionamento del prodotto. Il pane green di Oropan viene prodotto utilizzando semola rimacinata di grano duro 100% pugliese, una scelta che valorizza le produzioni locali e riduce l’impatto ambientale legato al trasporto della materia prima.

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«Il packaging, inoltre, è realizzato con carta Fsc riciclabile – aggiunge D’Antonio – e la nuova linea di pane sostenibile si inserisce in un più complessivo percorso aziendale che punta a raggiungere la carbon neutrality nel 2029». L’obiettivo è di migliorare la sostenibilità ambientale del pane attraverso pratiche agricole rispettose dell’ambiente e della biodiversità, coinvolgendo agricoltori e molitori pugliesi, ma anche garantire la responsabilità sociale e la tutela dei diritti dei lavoratori.

Pane sostenibile: il pane di Altamura, Oropan

Foto: Oropan

Cultura di comunità

Un approccio che ha convinto subito anche i consumatori, tanto che l’azienda sta certificando una ulteriore linea di prodotti tipici della tradizione panificatoria pugliese: le friselle. Oropan ha inoltre adottato il sistema di gestione ambientale Easi® per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, diventando la prima azienda alimentare italiana con questa certificazione. E l’azienda, conclude D’Antonio, è consapevole dei traguardi che possono raggiungere:

Pane sostenibile: Il museo del Pane Forte ad Altamura

Il museo del Pane Forte ad Altamura. Foto: Oropan

«Abbiamo tra le mani un prodotto che non è solo cibo, ma che incarna la cultura di una comunità e intorno al quale si sviluppa l’economia di un intero territorio».

Per saperne di più

www.oropaninternational.com

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