La lana che vorrei. Sana, etica e rinnovabile Foto: Freepik
Stili di vita

La lana che vorrei. Sana, etica e rinnovabile

È una fibra antichissima, amica dell’ambiente e della salute. A patto che sia prodotta secondo criteri di sostenibilità, circolarità e benessere animale. Come nelle tre storie, tutte italiane, che vi raccontiamo

 

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Luisella Berti 22 Gennaio 2024

La lana di pecora, con la sua storia millenaria, è la fibra di origine animale ancora oggi più utilizzata. È naturale, rinnovabile e biodegradabile. Infatti, si biodegrada nel giro di tre o quattro mesi, rilasciando nel terreno sostanze utili, come magnesio, zolfo e azoto. È un filato molto confortevole, che forse abbiamo dimenticato a causa della predominanza di quelli sintetici, derivate dal petrolio: non rinnovabili e non biodegradabili.

 

Gomitoli di lana

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Le proprietà

Morbida e resistente, la lana ha ottime proprietà isolanti e termoregolatrici. Reagisce ai cambiamenti della temperatura corporea trasferendo calore quando fa freddo e più fresco quando fa caldo. Essendo traspirante, è una buona alleata contro l’umidità. Quindi è resistente agli odori e alle pieghe. Questo significa meno lavaggi, rispetto ad altri tipi di fibre, con un risparmio di acqua ed energia.

 

Lavorazione della lana

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Produzione responsabile

Negli ultimi anni la produzione totale della lana è diminuita, arrivando su scala mondiale a circa 1 milione di tonnellate. Ma c’è una buona notizia: la quota della lana prodotta in modo etico ed ecosostenibile è in crescita. Nel 2022 è arrivata al 4,3%, un aumento dell’1,3% sul 2022, secondo il report 2023 di Textile Exchange. In particolare, cresce la lana responsabile certificata Rws (Responsible Wool Standart) che è al 3,9% (circa 77 mila tonnellate).

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Questo marchio certifica che la produzione ha seguito tutte le norme sul benessere dell’animale (come il divieto del mulesing) e le pratiche sostenibili di gestione del territorio. La certificazione Rws è molto richiesta nei paesi di trasformazione della fibra e della manifattura, come in Cina e in Italia. E in aumento è anche l’utilizzo di la lana riciclata, di cui il maggior produttore mondiale è il distretto tessile di Prato, con 35 mila tonnellate nel 2022.

 

Un gregge di pecore al pascolo

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E proprio da Prato parte il nostro viaggio alla scoperta dei capi in lana etica e sostenibile Made in Italy.

1. I capi rigenerati di Rifò

La lana rigenerata o meccanica è una fibra riciclata da vecchi indumenti in lana e scarti tessili. Nel distretto tessile di Prato il riciclo meccanico della lana è una tradizione consolidata. È qui che lavora Rifò, brand di moda circolare Made in Italy. Fondata nel 2017 da Niccolò Cipriani, questa azienda produce abbigliamento e accessori da fibre riciclate tra le quali la lana certificata 100% rigenerata:

 

Niccolò Cipriani

Foto: Rifò

«Da 150 anni a Prato si produce lana rigenerata. Il risultato è un filato con alte performance di qualità e con le caratteristiche di comfort della lana vergine».

Filiera trasparente

Inoltre, i vantaggi ambientali sono notevoli: «Grazie alla selezione manuale per qualità e colore fatta dai cenciaioli, la lana rigenerata non ha bisogno di tintura. Rispetto alla produzione di lana vergine, significa un risparmio medio di oltre l’80% di risorse naturali, come acqua ed energia, oltre che di coloranti e prodotti chimici». Anche il confezionamento dei capi avviene in un raggio di 30 km dalla sede Rifò ed è affidato ad artigiani locali. La filiera è tracciata e trasparente. Per ogni articolo sono indicati i vari step: dalla materia prima al prodotto finito.

 

Raccolta circolare

Ma non solo. Rifò infatti ha avviato un servizio circolare di raccolta dell’usato di maglioni in lana, cashmere e jeans, purché abbiano una composizione pura. Il servizio è a domicilio o tramite i punti di raccolta. I capi in buono stato vengono avviati al riuso, il resto viene riciclato in nuova fibra. Chi partecipa al servizio riceve un buono di 10 euro da spendere sullo shop online. L’azienda sta portando avanti anche il progetto “Nei nostri panni, cenciaioli si diventa” che insegna le professioni del cenciaiolo e del filatore, mestieri che stanno scomparendo.

 

Un cenciaiolo all'opera (Foto: Rifò)

Un cenciaiolo all’opera (Foto: Rifò)

Rifò finanzia il progetto devolvendo 2 euro per ogni acquisto fatto sull’e-shop.

2. Fortunale e i suoi maglioni bio

Fortunale è un’azienda di Cassano delle Murge (Ba) che produce maglioni 100% in lana biologica certificata. La lana proviene da allevamenti in cui le pecore sono rispettate ogni giorno e lasciate pascolare senza pericolosi antiparassitari in prati privi di sostanze inquinanti. Spiega Ivan Aloisio, fondatore di Fortunale:

 

Ivan Aloisio

Foto: Fortunale

«La selezione dei pascoli avviene fra l’Abruzzo e le Marche, in alcune zone delle Alpi e in Puglia. Solo quando in Italia non troviamo la quantità necessaria ci rivolgiamo all’estero, sempre fra lane certificate biologiche».

Lavorazione italiana

La lavorazione della lana avviene tutta in Italia, compresa la tintura 100% vegetale e priva di chimica, secondo antiche ricette di coloritura rivisitate e rinnovate. Il confezionamento dei maglioni è affidato a laboratori artigianali pugliesi. E ancora, Fortunale collabora al progetto “Plauto” dell’Università di Bari, per il recupero della lana della varietà ovina Gentile di Puglia: una fibra lana di altissima qualità utilizzata fino agli anni ‘70 e ‘80. L’obiettivo è di ricreare una filiera tessile a km zero, trasformando quello che oggi per gli allevatori è un rifiuto in una risorsa.

 

Melograni che rigenerano

C’è anche “La Foresta Fortunale”: «Per ogni maglia venduta piantiamo un albero che numeriamo e lo stesso numero lo ricamiamo sul maglioncino». Gli alberi vengono piantati su terreni confiscati alla mafia in Puglia. A Valenzano (Ba), dove c’erano amianto e carcasse di macchine rubate, ora c’è un frutteto con 600 melograni. Il terreno è gestito dalla cooperativa sociale agricola “Semi di vita” impegnata nel reinserimento di persone in difficoltà. L’idea è quella di ricavare dalla buccia o dalla radice del melograno un colorante naturale e creare, anche in questo caso, economia circolare. Infine, il servizio “Diamoci una maglia”: il cliente che acquista una maglia nuova e rende quella vecchia in pura lana riceve uno sconto del 30%.

 

Foresta fortunale, lana etica

La Foresta Fortunale a Valenzano, Bari. (Foto: Fortunale)

E i vecchi maglioni vengono rigenerati in una nuova fibra a Prato.

3. Etica ed eccellenza, la maglieria di Artknit Studios

«La lana è il materiale dal quale tutto è partito, essendo l’azienda nata nel cuore della cosiddetta “Valle della Lana Italiana”, a Biella», spiega Alessandro Lovisetto, fondatore e Ceo di Artknit Studios. Per realizzare una selezione di capi adatta a tutte le occasioni, Artknit Studios utilizza tre tipologie di lana: lana cardata, lana Merino extrafine e lana ultrasoft.

Minimo impatto

Si tratta di filati certificati secondo alti standard sia riguardo al benessere animale, sia rispetto al processo di produzione che persegue il minimo impatto ambientale. La provenienza della fibra, come spiega l’imprenditore, è principalmente australiana:

 

Alessandro Lovisetto

Alessandro Lovisetto insieme al team di Artknit Studios

«Abbiamo scelto l’Australia come fornitore della lana soprattutto per la diffusa presenza delle pecore Merino e della qualità eccezionale della lana che proviene da questa regione».

Confezionamento locale

Inoltre, gli allevatori australiani sono noti per il loro impegno nella cura e nella tutela delle pecore Merino per migliorare il benessere degli animali. La fibra viene quindi lavorata a Biella e il confezionamento dei capi è affidato ai migliori artigiani locali. In più, al fianco di Renoon, piattaforma digitale impegnata nell’ambito della moda sostenibile, Artknit Studios ha introdotto in ogni pagina prodotto il “Product Passport” che mappa l’intero percorso della filiera produttiva, fornendo informazioni sull’impatto ambientale, sulle certificazioni dei capi e dei materiali.

Un modello di Artknit Studios

Foto: Artknit Studios

Vita lunga, contro gli sprechi

Inoltre, i clienti possono contare anche sul Repair Program. Si tratta di un servizio di riparazione e di ricondizionamento di capi Artknit già usati che svolgono gli artigiani dell’azienda prolungandone il ciclo di vita e, di conseguenza, evitando gli sprechi.

 

«In questo modo, prolungando la vita dei capi Artknit di nove mesi, si può ridurre l’impronta annuale di carbonio, acqua e rifiuti del 20-30%».

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