Suolo, troppi veleni. A rischio gli obiettivi Ue per il clima
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Suolo, troppi veleni. A rischio gli obiettivi Ue per il clima

L’allarme dell’Agenzia europea per l’ambiente: i terreni agricoli contribuiscono sempre meno all’assorbimento di CO2. La causa? L’impoverimento dell’ecosistema nascosto sotto i nostri piedi. Il parere di Paolo Pileri, docente del Politecnico di Milano e fra i maggiori esperti sulle problematiche del suolo

 

Valentina Gentile 16 Aprile 2023

È un microcosmo diffuso, nemmeno tanto micro, il mondo alla rovescia su cui camminiamo ogni giorno. Un dominio straordinario di biodiversità troppo spesso trascurato. Il suolo è un ecosistema unico, il punto di partenza dal quale la nostra futura acqua potabile inizia il percorso naturale di depurazione, il “posto” dove i nutrienti si tramutano in forme che le piante possono assimilare, dando la possibilità alla biomassa di formare e immagazzinare carbonio.

Il ciclo del carbonio

Ma la capacità di contribuire alla riduzione dell’anidride carbonica (si stima che ogni anno, in media, il suolo mondiale sia in grado di assorbire il 30% delle emissioni antropiche), è sempre più a rischio. Il recente briefing Soil Carbon dell’European Environment Agency (Eea) prende in considerazione i suoli europei mettendo in luce come la parte più superficiale della crosta terrestre possa rimuovere il carbonio dall’atmosfera ma anche emettere gas-serra. Sulla base dei dati del 2019, il rapporto rileva un rischio concreto, che potrebbe inficiare gli obiettivi climatici dell’Ue, impegnata a ridurre le emissioni nette di gas-serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e a diventare carbon neutral entro il 2050. Ci aiuta a capire meglio questo fenomeno il professor Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano e autore del recente L’intelligenza del suolo. Piccolo atlante per salvare dal cemento l’ecosistema più fragile (Altreconomia): «Il carbonio – racconta – viene tecnicamente chiamato da noi studiosi costituente transitorio, qualcosa che entra ed esce dal suolo. Entra grazie ai fenomeni naturali della vegetazione: cadono le foglie, i rametti, tutta la fauna, inclusi gli insetti che muoiono». In questo modo avvengono i processi di elaborazione della sostanza organica:

 

ll ritratto in primo piano di Paolo Pileri

Paolo Pileri, docente al Politecnico di Milano, è fra i maggiori esperti sulla protezione del suolo

«Tutti questi materiali organici sono formati da carbonio che la fauna presente nel suolo elabora e incorpora al proprio interno formando delle molecole di carbonio più semplici, aggregabili da altri esseri viventi del suolo. Fino a quando questo carbonio va a costituire il mondo meraviglioso, ancora in larga parte sconosciuto che è l’humus».

 

Rapporto in cifre

Nel rapporto Soil carbon si legge che «gli Stati membri dell’Ue hanno segnalato una perdita di carbonio dai suoli organici che corrisponde a circa 108 megatonnellate di anidride carbonica (Mt CO2) nel 2019. Nello stesso anno, i suoli minerali hanno rimosso circa 44 Mt di CO2 dall’atmosfera». Una discrepanza che salta agli occhi anche di chi non ha dimestichezza con la matematica. Si stima inoltre che per circa il 65-75 % dei suoli agricoli dell’Ue, gli apporti di azoto attraverso fertilizzanti, letame, biosolidi e colture azotofissatrici superino i valori critici oltre i quali è possibile l’eutrofizzazione. In media, sul suolo del Vecchio Continente, bisognerebbe ridurre del 40% gli apporti di azoto. «Questo rapporto getta un grido d’allarme – aggiunge Pileri – i suoli utilizzati da un’agricoltura  intensiva sono sempre più deficitari di sostanze organiche, quindi di carbonio. Se al di sopra del suolo si praticano soltanto colture intensive, se il suolo rimane nudo per gran parte della stagione, pronto per essere seminato e produrre altro mais, non resta materia organica e quindi carbonio da assorbire nel suolo».

 

Rappresentazione grafica degli effetti derivanti dall'inquinamento del suolo

L’inquinamento del suolo mette a rischio i servizi ecosistemici (Fonte: FAO/UNEP. Global assessment of soil pollution, 2021)

 

Come risolvere?

Ma si può ripristinare, almeno in parte, la funzione dei suoli europei o almeno impedire che la situazione degeneri? La questione, avvertono gli autori del rapporto, va affrontata in relazione alle caratteristiche dei diversi territori. Anche perché, come si legge nello studio, «a seconda del tipo di suolo, del clima locale e delle modalità di gestione del territorio, le azioni di mitigazione possono aumentare le emissioni di altri gas-serra, come il metano e il biossido di azoto, o avere conseguenze negative su biodiversità e produzione di cibo». Una buona pratica sta per esempio nel ripristinare le torbiere, vale a dire le zone umide che conservano un grande quantità di acqua. Oppure negli investimenti agroforestali, finalizzati cioè a integrare alberi e arbusti sui seminativi, come si vedeva un tempo nel paesaggio agricolo. Il tema di fondo però consiste nel ripensare il modello colturale: «Bisognerebbe lavorare, almeno in parte, come si faceva nel passato, guardando verso agricolture meno divoratrici di suolo e di vegetazioni permanenti, che siano sempre più biologiche. Meno intensive, insomma, e più rispettose della microfauna nei suoli. Soprattutto le monocolture a mais, che serve per la zootecnia e per la produzione di biomassa, sono molti impattanti sui primi centimetri di suolo, fondamentali per la produzione dell’humus».

Humus da salvare

In gioco, oltre al clima, c’è proprio questa componente agronomica fondamentale: «Il carbonio, e la sostanza organica in cui è intrappolato, è fondamentale per la formazione dell’humus, a sua volta di primaria importanza per la vita vegetale nei suoli. Se perdiamo carbonio, perdiamo copertura vegetale con tutto quello che ne consegue, in termini di biodiversità, regolamentazione climatica, paesaggio, bilancio idrologico, ossia la quantità di acqua che è capace di trattenere il complesso suolo vegetazione». Basti pensare che il 30% della biodiversità del pianeta è nei primi 30 centimetri di terra.

 

Le radici di un albero ricoperte di muschio e altri vegetali

Il suolo del sottobosco è particolarmente ricco di materiale organico (Foto: LUM3N da Pixabay)

 

Le potenzialità ecosistemiche di questo strato sono straordinarie: «Basti pensare che un cucchiaino da caffè di suolo in un bosco, ossia un suolo fortemente organico, contiene circa 9 miliardi di unità di vita tra batteri, protozoi, nematodi, tardigradi e tutta la restante fauna del suolo», spiega ancora Paolo Pileri. Una fauna speciale, perché di alcuni di questi batteri abbiamo scoperto le proprietà straordinarie farmacologiche:

«Ad esempio c’è un batterio che si chiama streptomyces che ha dato origine alla streptomicina, antibiotico molto potente che tutti noi usiamo. Il suolo è la più grande farmacia gratuita che esista».

Salvaguardarlo è una sfida per le politiche agricole europee, in attesa che una normativa comunitaria e nazionale finalmente lo tuteli.

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