Imballaggi intelligenti. Progettare una buona differenziata con il “nudge” Foto: Canva
Innovazione

Imballaggi intelligenti. Progettare una buona differenziata con il “nudge”

All’Università Iuav di Venezia, sede di Vicenza, un workshop insieme ad otto studentesse che hanno applicato la teoria della “spintarella gentile” per creare degli imballaggi che inducano comportamenti virtuosi. Ecco i risultati del loro lavoro

Irene Ivoi 26 Ottobre 2023

Il packaging è un prodotto di vero design sempre interessante e sempre sotto i riflettori. Si tratta infatti di uno specchio dei nostri consumi e quindi anche del nostro stile di vita, che racconta senza scorciatoie chi siamo. Quindi osservarlo è un esercizio sociologico utile a restituirci trend del presente e del futuro. Gli imballaggi costituiscono inoltre una quota rilevante della nostra raccolta differenziata domestica che nasce originariamente proprio per intercettare i rifiuti di questo genere e poi si è estesa ad altri flussi.

E allora farla bene e ridurne le quantità è un obiettivo ambientale condivisibile e comprensibile.

Un cumulo di rifiuti in plastica da differenziare

Foto: Canva

Sottili differenze

Praticare una differenziata di qualità significa separare con cura i flussi dei rifiuti per materiali di provenienza, riducendo gli errori. Per farlo si chiede ai cittadini anche di separare materiali spesso accoppiati tra loro. Questo richiede disponibilità da parte nostra, un po’ di pazienza e un po’ di tempo. D’altronde sappiamo bene che i comportamenti migliori nascono dall’attenzione che decidiamo di dedicarvi. L’attenzione si può ridisegnare anche con accorgimenti ispirati al nudge,  la teoria comportamentale cui è dedicata questa rubrica.

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Ed è stato questo lo stimolo progettuale affidato alle studentesse del workshop di nudge design presso l’Università Iuav di Venezia, sede di Vicenza, che abbiamo condotto. Uno dei temi su cui le studentesse hanno lavorato riguardava proprio il packaging, sollecitando loro soluzioni di facile separabilità tra carta e plastica, quindi coerenti con il metodo Aticelca 502, vale a dire lo standard nazionale che definisce la separabilità manuale della carta da altri componenti materici, messo a punto dalle associazioni di settore meno di un anno fa.

 

Una mano separa l'etichetta di carta dalla bottiglia di plastica

Foto: Canva

Plastica virtuosa

L’invito è giunto da Francesca Faraon, Product Manager Environmental & Packaging in Mérieux NutriSciences Italia, ottima conoscitrice di questo metodo che ha suggerito di lavorare sulla separazione fra carta e plastica. D’altronde quest’ultima riveste un ruolo poco aggirabile nel rendere impermeabili o oleorepellenti gli imballaggi che contengono cibi fluidi o grassi, nel mostrare il contenuto, nel garantire l’“effetto barriera” all’aria e una data di scadenza più sicura.

Induzione a ripetere

Spiega dal canto suo Laura Badalucco, ordinaria in Design allo Iuav di Venezia ed esperta in packaging, che ha partecipato all’esperienza: «Tentare soluzioni con la spinta gentile, vale a dire il nudge, ci è sembrata una sfida preziosissima sotto il profilo formativo. Le riflessioni che sono emerse ci hanno portato a pensare che il gesto della separazione vada aiutato affinché generi anche soddisfazione e induzione a ripeterlo, che sia intuitivo e agile, senza necessariamente doverlo comunicare». Sta qui il punto più importante, secondo la professoressa, vale a dire l’idea che l’imballaggio, per come viene progettato, induca le persone a gestirlo in maniera virtuosa:

 

Laura Badalucco, ordinaria in Design dello Iuav di Venezia

«Quest’ultimo è un punto dolens visto che l’overdose di informazioni che affollano il packaging impone una dieta di parole».

 I progetti

Otto studentesse, suddivise in quattro coppie, hanno così lavorato su altrettante soluzioni che ci dicono quanto questa strada sia percorribile unendo creatività e sensibilità ambientale al servizio delle nuove esigenze del mondo industriale.

Vediamo le soluzioni che hanno immaginato.

 

 

  1. 1) Milena Brea e Anna Fusillo hanno lavorato su un astuccio finestrato contenente singoli cioccolatini e che all’interno ha una linguetta sulla finestra di plastica per facilitare la sua separazione. Con la speranza che il consumatore guardi all’interno dell’astuccio prima di buttarlo, schiacciandolo con le mani, senza pensarci.
  2. 2) Andrea Grazia Taliento e Paola Dalla Rovere hanno immaginato una scatola con finestra tratteggiata sul proprio perimetro con un preforato che invita esplicitamente a separare senza parole aggiuntive. Il preforato è un’ottima soluzione in grado di agire sul nostro cervello senza uso di scrittura.
  3. 3) Chiara Ponso e Néla Mariani hanno pensato una soluzione molto giocosa che chiede al consumatore della confezione finestrata della pasta di separare i due materiali con un messaggio che si svela via via che il prodotto si consuma. Questo evita di inserire un messaggio sul fronte o sul retro del pack. In questo caso però la separazione deve avvenire con le mani e non con le forbici.
  4. 4) Infine Valentina Milan e Marta Pellizzari hanno immaginato un box di cioccolatini, confezionati uno per uno, che prevede un gesto semplice di separazione della finestra in plastica sulla faccia superiore (aiutato da un triangolo colorato) tale da rendere a quel punto quel box il medesimo contenitore/ciotola da cui pescare i singoli cioccolatini.

E così una volta separata la plastica, quel box diventa una ciotola che svolge un servizio.

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