Nelle terre del fagiolo zolfino Il paesaggio in cui cresce il fagiolo zolfino, con le balze del Valdarno sullo sfondo
Territori

Nelle terre del fagiolo zolfino

Cresce in una zona segnata da paesaggi mozzafiato, nel cuore della Toscana, fra borghi incantevoli e produzioni d’eccellenza. Alla scoperta di questo legume dal sapore sopraffino giunto fino a noi grazie all’impegno degli agricoltori che lo custodiscono

Maria Grazia Tornisiello 16 Aprile 2023

Considerati sin dall’antichità la carne dei poveri per il loro costo esiguo e la facile reperibilità, i fagioli rappresentavano il cibo più consumato dal popolo. Ne sa qualcosa il giovane contadino raffigurato nel dipinto di Annibale Carracci (1560-1609) dal titolo Il Mangiafagioli, mentre viene colto di sorpresa nell’atto di portarsi alla bocca un cucchiaio colmo di zuppa di fagioli. In Italia, tra le oltre venti varietà di questo legume, di cui ben 12 riconosciute come Presidio Slow Food, c’è il caratteristico fagiolo zolfino. Chiamato così per via del suo colore giallo pallido che lo rende simile allo zolfo, è noto anche come il “fagiolo del 100” perché lo si semina il centesimo giorno dell’anno, verso la fine di aprile, per poi raccoglierlo nei mesi estivi.

Gustoso e digeribile

Particolarmente digeribile grazie alla sua buccia fine e sottile, lo zolfino non necessita di ammollo e adora crogiolarsi a lungo a fuoco basso, adagiato nel classico coccio di terracotta. Dal sapore intenso e dalla consistenza cremosa, è una vera e propria squisitezza per il palato, di contro però il suo carattere fiero ed orgoglioso ne rende alquanto difficile la coltivazione. È infatti intollerante alle escursioni termiche ed ai ristagni d’acqua e predilige terreni aspri e secchi.

 

Una manciata di fagioli solfino nel palmo delle mani

Il fagiolo zolfino prende questo nome dal colore, simile a quello dello zolfo

 

E quale zona migliore poteva trovare se non le affascinanti colline del Valdarno, in Toscana? Sulla dorsale montuosa del Pratomagno un gruppo di coraggiosi contadini non si è perso d’animo e, con pazienza e tenacia, nel corso degli anni è riuscito a recuperare questo prodotto che sembrava definitivamente scomparso. Il sindaco di Bucine (Ar) e Presidente del Distretto Rurale del Valdarno di Sopra, Nicola Benini, racconta:

«Quando si pensa al fagiolo zolfino non si può non pensare al Valdarno. Il rapporto tra questo legume ed il territorio è unico, non può  infatti essere coltivato da nessun’altra parte ed è grazie ai nostri agricoltori custodi, alla loro passione ed al forte legame con la terra che ancora oggi possiamo degustare questo fagiolo unico e pregiato».

Dal Valdarno a Buckingham Palace

Oggi sono 80 le aziende, di cui sei certificate biologiche, che producono il fagiolo zolfino con una resa annua media di circa 500 quintali. Molto apprezzato anche all’estero, in particolar modo negli Stati Uniti, Russia e Gran Bretagna, tanto da arrivare persino a Buckingham Palace e sulle tavole del Quirinale, il legume piacque addirittura a Caterina de’ Medici che, nel 1533 decise di portarne un po’ con sé in Francia per il banchetto di nozze con Enrico II. Con una richiesta di mercato alta ed una produzione decisamente scarsa a causa della complessità della sua lavorazione – la raccolta avviene esclusivamente a mano – non c’è da sorprendersi se rispetto agli altri fagioli lo zolfino abbia un costo più elevato. Ma, quando ci ritroviamo seduti a tavola in una tipica osteria del Valdarno aretino davanti ad un piatto fumante di ribollita o di fagioli all’uccelletto accompagnati da un bel bicchiere di Chianti, capiamo che non c’è prezzo che tenga.

 

Il pascolo del Pratomagno, una delle vette mozzafiato che svetta sul Valdarno

Lungo l’antica Cassia, tra olivi e muretti

Il territorio dove lo zolfino ha scelto di crescere si estende lungo i 60 km della Strada dei Setteponti che deve il proprio nome alle passerelle in pietra che in passato attraversavano i torrenti. A dire il vero i ponti erano molto più di sette, si trattava più che altro di un numero simbolico per esprimere l’infinito. La strada collega Arezzo e Firenze, ripercorrendo l’antico tracciato romano della Cassia Vetus utilizzata nel Medioevo dai pellegrini che dal nord Europa si dirigevano a Roma. Qui, durante l’estate tra i filari di olivi ed in mezzo ai muretti a secco, fanno capolino i fiori bianchi dello zolfino ed il paesaggio che si ammira tutt’intorno è davvero incantevole.

Pievi romaniche, antichi borghi, ville storiche, è un incessante susseguirsi di scoperte inaspettate da assaporare con estrema lentezza.

Sono numerosi infatti, gli itinerari escursionistici da fare a piedi o in bicicletta. Il Sentiero dell’Acqua Zolfina è uno di questi. Un percorso ad anello di 7 km senza particolari difficoltà, che permette di osservare le Balze del Valdarno, una sorta di Grand Canyon nostrano composto da strutture in sabbia, argilla e ghiaia, formatesi per erosione in seguito al prosciugamento di un lago che ricopriva l’area migliaia di anni fa. Uno spettacolo talmente affascinante che lasciò a bocca aperta nientepopodimeno che Leonardo da Vinci, tant’è che ancora oggi si discute se La Gioconda sia stata ambientata qua o sulle alture della Valmarecchia.

 

Il quadro del Carracci (1560-1609), intitolato "Il mangiafagioli",

Il quadro del Carracci (1560-1609), intitolato “Il mangiafagioli”, che testimonia come i fagioli in passato fossero il cibo più popolare

Borghi preziosi

Da non perdere due dei Borghi più belli d’Italia: Castelfranco di SopraLoro Ciuffenna. Il primo per il suo impianto urbano perfettamente conservato che ricalca lo schema del castrum romano, il secondo per il suo vecchio mulino ad acqua risalente al 1100, tuttora utilizzato per la macinazione del grano, mais e castagne. A breve distanza dal paese si trova la Pieve di San Pietro a Gropina dichiarata Monumento Nazionale. Costruita in stile romanico su un preesistente insediamento longobardo, al suo interno è suddivisa in tre navate con capitelli ornati da scene del Vecchio e del Nuovo Testamento nelle colonne di sinistra e di figure che ricordano l’arte precristiana, etrusca ed orientale in quelle di destra.

Leggi anche:  Il basilico, la pianta del re. Quel profumo dop che sa di Liguria

Sulla cima del Pratomagno

E, dopo una breve sosta nella piccola frazione montana di Anciolina, gli amanti del trekking possono cimentarsi nella salita verso la Croce del Pratomagno che svetta sull’omonimo monte a quota 1.592 metri. Da quassù, il panorama mozzafiato sulla vallata sottostante, proietta un pezzo di paradiso in terra e noi ci lasciamo sopraffare da tanta bellezza.

 

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Comune di Montevarchi (@incomunemontevarchi)

 

Condividi questo articolo: