Orti didattici, che passione. La proposta della cooperativa Gea a Verona Foto: Cooperativa Gea
Educazione

Orti didattici, che passione. La proposta della cooperativa Gea a Verona

Riscoprire esperienze sensoriali e libertà che i bambini di oggi, specialmente nell’ambiente urbano, vivono assai di rado. Il nostro viaggio alla scoperta degli orti didattici e delle loro potenzialità formative continua in Veneto, insieme all’educatrice Maria Grazia Gambuzzi dell’associazione Gea

Francesca Santoro 9 Novembre 2023

«Un orto a scuola permette a bambine e bambini di vedere lo spazio scolastico come luogo dove si può toccare la natura, sentire la pioggia, l’erba, gli alberi, dove si può stare bene». Non ha dubbi Maria Grazia Gambuzzi, educatrice ambientale, vent’anni di ricerca educativa con gli orti didattici.

Un orto cambia l’esperienza scolastica, apre spazi di apprendimento e di crescita meno utilizzati dalla didattica tradizionale.

Terapia con la zappa

Il nostro viaggio negli orti didattici prosegue in provincia di Verona, insieme a Maria Grazia, operatrice dell’associazione Gea, una realtà che si occupa di educazione ambientale, orticultura e della gestione del Parco Naturalistico Valle del Menago. Maria Grazia conduce interventi nell’ambito di cooperative sociali che praticano la orto-terapia e nelle scuole dell’infanzia e della primaria.

Leggi anche:  Come si crea un orto didattico? L'esperienza di chi l'ha fatto

Un “fuori” da esplorare

Cominciamo dalla dimensione dell’ambiente. “Fare” l’orto è un’attività dinamica, attraverso cui bambine e bambini vivono e agiscono lo spazio intorno a loro: più sono piccoli, più hanno bisogno di questa dimensione. E tutti e cinque i sensi si attivano alla scoperta del mondo fuori. Ma qual è il primo passo di questo cammino?

 

Maria Grazia Gambuzzi e il libro "Orti didattici"

«Innanzitutto con l’esplorazione: cercare tesori sotto terra, lombrichi, legnetti che serviranno a sostenere le piantine, sassi per contornare l’orto…» racconta Maria Grazia che sul tema ha contribuito a scrivere il libro  “Orto didattico. Manuale di orticoltura per grandi e per bambini” (Mela music, 2011).

Scoperte sul campo

A volte, avverte l’educatrice, nella scuola primaria i bambini non sono pronti per attività piuttosto articolate come quella della coltivazione. Perciò devono attraversare innanzitutto questa fase, un po’ come ha fatto l’essere umano nella sua storia, che ha iniziato come esploratore prima di diventare agricoltore: «Si muovono, osservano, scoprono e poi elaborano. E nei racconti e disegni compaiono domande: perché le foglie cambiano colore? Perché cadono? Tutte domande preziosissime, che danno il via alle prime ipotesi scientifiche. Insomma, stare fuori, a contatto con la dimensione naturale è la base di tutta l’esperienza».

 

L'orto didattico della cooperativa Gea a Verona

Foto: Cooperativa Gea

Maneggiare con cautela

Per i bambini della nostra epoca, spesso ipernutriti, sedentari e dispositivo-dipendenti, l’orto è un’opportunità preziosa di promuovere dimensioni educative non sempre valorizzate. Pensiamo, ad esempio, alla manualità:  «Oggi nel lavoro scolastico bambine e bambini usano soprattutto forbici e carta, mentre prima si utilizzavano altri strumenti come la carta vetrata, il seghetto… – riprende Maria Grazia – Gli attrezzi dell’orto, per quanto a misura di bambino, non sono giocattoli, richiedono attenzione e capacità di manipolazione che si acquisiscono a poco a poco».

 

L'orto didattico realizzato dalla cooperativa Gea a Verone

Foto: Cooperativa Gea                                             

Stagioni e stagionalità

«La mia esperienza è che i bambini di oggi, vivendo tanto in casa, percepiscono meno lo scorrere del tempo, l’alternarsi delle stagioni» osserva Maria Grazia. Anche il loro vestiario lo dimostra: «Per esempio, indossano sempre gli stessi tipi di scarpe, non mettono calzature pesanti per camminare nel fango, nel bagnato o al freddo…». La loro quotidianità, per lo meno nei contesti urbani, non prevede quel tipo di esperienza. Ma gli ortaggi e le piante dell’orto scandiscono il tempo e le stagioni, soprattutto se si semina ciò che cresce in quella stagione anziché mettere a dimora delle piantine.

 

 

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E a fine anno?

L’orto scolastico ha un ciclo vitale di otto mesi. Si comincia in autunno  e quindi in tarda primavera i bambini raccolgono con grande soddisfazione i prodotti che hanno coltivato, come le insalate, i piselli e altri ortaggi. Alla fine dell’anno scolastico si copre la terra con la paglia o si fa una semina di piante da sovescio che poi si tagliano: «Si decompongono sul terreno e lo nutrono, in modo che non si secchi e non servano grandi interventi a settembre per ricominciare. Così bambine e bambini imparano che l’estate è la stagione in cui gli organismi nella terra, in loro assenza, preparano il lavoro per l’anno successivo». Ma non solo: «I bambini chiedono spesso i pomodori o le zucche che nascono nella stagione in cui non sono a scuola».

E così qualche volta l’attività continua, anche durante l’estate, nel segno della continuità e della scoperta di una relazione nuova con il cibo e la filiera che permette di produrlo.

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