Come si crea un orto didattico? L’esperienza di chi l’ha fatto
Educazione

Come si crea un orto didattico? L’esperienza di chi l’ha fatto

Scoprire le origini del cibo di cui ci nutriamo attraverso un’attività pratica e inclusiva, che aiuta ad apprendere la complessità degli ecosistemi. Le insegnanti dell’Istituto comprensivo “Largo Dino Buzzati” di Roma ci raccontano il loro percorso

Francesca Santoro 23 Maggio 2023

Un orto a scuola è una straordinaria risorsa educativa che permette di condividere conoscenze inedite in maniera inclusiva e motivante, accompagnando i giovanissimi alla scoperta della natura, del cibo che mangiamo e allo stesso tempo di se stessi. Sono molte le scuole in tutta Italia che realizzano questa esperienza, comparsa in Europa durante la seconda metà dell’Ottocento al fine di avvicinare gli alunni dei centri urbani al mondo delle piante e di trasmettere competenze utili anche sul piano professionale.

 

Le maestre Maria Grazia Fuoco e Elisa Poggelli dell'Istituto comprensivo Largo Dino Buzzati di Roma

Le maestre Maria Grazia Fuoco ed Elisa Poggelli dell’IC Largo Dino Buzzati di Roma

Ma come si organizza un orto scolastico? E quali sono oggi le sue potenzialità formative e pedagogiche, anche in rapporto alle diverse fasce d’età?

Scopriamolo attraverso alcune pratiche di “outdoor education” che si stanno realizzando lungo lo Stivale.

Metodo trasversale

Il nostro viaggio negli orti scolastici comincia da Roma, in particolare dall’Istituto comprensivo “Largo Dino Buzzati”, nella periferia meridionale della città, dove si svolgono attività di coltivazione collaborativa da quasi dieci anni che coinvolgono anche le famiglie.  Ce lo spiega Elisa Poggelli, una delle insegnanti coinvolte nel progetto:

«Abbiamo verificato come tutta la didattica trovi spunti preziosi da questa attività sfruttando in un’ottica traversale le diverse discipline».

Ad esempio i bambini lavorano in un primo momento sulla geometria calcolando la distanza e la posizione delle piantine, poi s’impegnano nell’educazione artistica disegnando le varie fasi di crescita degli ortaggi. E ancora, nella scrittura: «Lo scorso anno – aggiunge l’insegnante – gli alunni di una quarta hanno realizzato il “Diario di una cipolla”, mettendosi alla prova nella composizione di un preciso genere narrativo».

 

Le ragazze e i ragazzi dell’IC Largo Dino Buzzati di Roma al nell’orto (Foto: Bruna Camerata)

Le ragazze e i ragazzi dell’IC Largo Dino Buzzati di Roma nell’orto (Foto: Bruna Camerata)

Potenzialità inclusive

I bambini vengono suddivisi per gruppi mescolando classi diverse, in maniera da facilitare la socializzazione al di là degli schemi organizzativi ordinari. E si prendono cura di quello spazio vivente in tutto e per tutto: dallo studio delle piantine messe a dimora al loro costante innaffiamento, dalla pulizia del suolo al raccolto: «All’aperto i bambini, ognuno con le proprie caratteristiche, abilità e bisogni, hanno più libertà di agire e d’interagire» racconta Maria Grazia Fuoco, altra docente coinvolta nel progetto, che ha dedicato all’orto didattico la sua tesi di dottorato in antropologia culturale. Un terreno che lei conosce bene, insomma, visto che ha sperimentato questa modalità educativa in diverse scuole in cui ha lavorato, dalla Calabria alla Sicilia, passando anche per Ustica e Stromboli dove l’acqua arriva in nave e la salvaguardia delle risorse naturali si fa esperienza concreta.

«I bambini imparano a collaborare e a stare in un processo – spiega la Fuoco – compartecipano e comprendono. Crescono nella relazione con sé stessi e con gli altri e acquisiscono nuove sicurezze».

Anche nel caso di Bisogni educativi speciali l’orto si può rivelare un’attività preziosa perché c’è spazio per esplorare, osservare, manipolare lontano dai banchi e dalla staticità dell’istruzione frontale.

Alle radici del cibo

Con le insegnanti tocchiamo un altro aspetto, quello da cui l’orto didattico trova origine, vale a dire la conoscenza dei prodotti agricoli: «L’orto, per molti, rappresenta l’occasione per porsi domande sul cibo che trovano a tavola: come nasce, da dove arriva, come si produce» chiarisce la Poggelli. Qualcosa che a molti bambini non è affatto chiaro, conferma la maestra Fuoco: «Prima del percorso esperienziale li sento dire cose del tipo “i cetrioli crescono sugli alberi”. Attraverso il lavoro che facciamo insieme riescono invece a chiarirsi molte idee sulle origini degli alimenti, ad acquisire una consapevolezza che a queste generazioni manca. Ho insegnato in molti territori a vocazione agricola e persino lì i bambini hanno sempre meno contatto con la provenienza di quello che mangiano».

 

Alieni in classe

Una marcia in più alla scuola è arrivata grazie a un bando del Comune che ha permesso di acquistare sei vasconi che facilitano la coltivazione e aiutano a distinguerla dal resto del giardino scolastico. Mentre un altro ruolo lo ha svolto un progetto di “teatro immersivo”, realizzato dalla compagnia Project XX1: «Nello scorso anno scolastico, una volta alla settimana, per cinque incontri – racconta la maestra Poggelli – gli alunni andavano a incontrare un “giardiniere alieno” che si nascondeva in uno sgabuzzino della scuola. Era un “giardiniere di parole”, perché si nutriva di parole e dialoghi. Così i bambini hanno potuto confrontarsi con lui in una maniera ludica condividendo e apprendendo i concetti di semina, crescita e raccolto». Una classe, invece, ha realizzato uno spettacolo dal titolo assai significativo, L’orto delle amicizie, che ruota intorno al tema della sinergia tra le piante e che ha permesso di percepire la complessità di questo ecosistema.

E per finire…

Infine dall’Istituto comprensivo “Largo Dino Buzzati” arriva anche una proposta di lettura: il romanzo “Un amico segreto in giardino” di Linda Newbery (Salani, 2019), nel quale una bambina scopre la bellezza di vivere i cicli della natura grazie a un personaggio magico, uno spirito che abita nell’orto:

 

«L’espediente fantastico accende ancora di più, nei bambini, la curiosità verso la propria attività nell’orto scolastico – conferma la Poggelli – Così questo libro si è collocato bene nel nostro progetto e ha permesso di proseguire lo stimolo dell’esperienza».

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