Quei libri imbevuti di fango sembrano una materia viva. E lo sono, in effetti, per le storie e i saperi che contengono, per i secoli che hanno attraversato. Ma anche per l’impegno collegiale, il sudore e la forza di volontà che sono serviti a salvarli dalle acque che sei mesi fa, era il 17 maggio, hanno sommerso anche queste sale, nel cuore della Romagna, dov’erano custoditi.
Impresa solidale
Siamo nel Seminario vescovile di Forlì, a poche centinaia di metri dal torrente Montone, che normalmente è un rigagnolo e che invece quel giorno s’era gonfiato all’inverosimile. Dove centinaia di volontari, come gli “Angeli del fango” nella Firenze alluvionata del ‘66, insieme alle forze dell’ordine, alla Protezione civile e agli esperti dei Beni culturali, hanno indossato guanti e stivaloni per recuperare un patrimonio dal valore inestimabile: qualcosa come 50amila volumi, un terzo del totale che la melma ha inghiottito, fra cui diversi incunaboli e cinquecentine, che sono stati pazientemente puliti, congelati e indirizzati al restauro.
Baratro e rinascita
Oggi proprio qui, negli stessi ambienti che hanno visto per due mesi persone comuni e professionisti vincere questa sfida, prende vita “Sommersi salvati. Libri liberati dal fango”: una mostra con 25 immagini, intensissime dal punto di vista umano e artistico, realizzate da Silvia Camporesi, fotografa forlivese di levatura internazionale, che ci riportano a quei momenti di baratro e rinascita, di smembramento e ripristino dei legami, dei luoghi fisici e mentali che definiscono una comunità.
Memorie del sottosuolo
Scendiamo insieme a Sauro Turroni, storico esponente ambientalista del territorio che ha coordinato le operazioni, nello scantinato che ospitava la biblioteca, dove ancora si respira l’odore dell’acqua stagnante e le pagine strappate ai volumi sono rimaste appiccicate nell’intonaco:
«Una parte della mostra – ci spiega – ripercorre lo sforzo dei volontari, giunti a centinaia subito dopo l’allarme lanciato dal rettore del Seminario, don Antonio Carubia. Un’altra testimonia le condizioni in cui abbiamo trovato gli scaffali, un’altra ancora le attività di recupero».
Oltre la cronaca
Gli scatti di Silvia Camporesi però vanno ben oltre la cronaca o la semplice documentazione. Arricchiscono la sua ricerca sul paesaggio italiano, sulla bellezza e qualche volta sulla decomposizione del reale, con il valore aggiunto di una tensione interpersonale palpabile: lo sguardo esausto di una volontaria che avanza comunque nel limo, i volti sorridenti di due migranti che si sono uniti a questa esperienza, i ragazzi che spalano senza sosta. E ancora, le mani degli specialisti inviati dal Ministero della cultura che si prendono cura di ogni singolo foglio, i cumuli di carta impregnata che invece nessuno potrà mai salvare.
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Equilibrio da ritrovare
È un’opportunità da non perdere questa immersione, viene da dire, in un sistema espositivo essenziale, nel quale anche i vuoti hanno un senso, completata da alcune bacheche che mostrano i libri restituiti alla luce, tre installazioni con gli strumenti di lavoro e altri elementi estrapolati da quelle otto fatidiche settimane. Oltre a un video, che fa il paio per bellezza e intensità con la parte fotografica, a cura di Mara Moschini e Marco Cortesi, che sembra mettere in movimento quelle figure, lasciandoci attoniti al cospetto di tanta devastazione ma anche di tanta operosità.
E confermando il bisogno, ormai evidente, di trovare un equilibrio nuovo fra la nostra specie e il pianeta che abbiamo in custodia.