Dove sboccia la solidarietà. Quattro esperienze di agricoltura sociale Foto: Azienda biosociale Vintlerhof
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Dove sboccia la solidarietà. Quattro esperienze di agricoltura sociale

Integrare la qualità dei prodotti con gli obiettivi etici dell’inclusione. Anche in Italia sono sempre di più le aziende agricole che guardano verso il welfare collaborativo e trasformano i propri spazi in contesti di formazione, abilitazione e accoglienza. Come nelle storie che vi raccontiamo

Alice Scialoja 26 Maggio 2025

Coinvolgere persone svantaggiate o a rischio di emarginazione nei processi produttivi perché sperimentino nuove relazioni e migliorino la propria autostima, aprire le porte dell’azienda per farne un luogo di apprendimento, come avviene ad esempio nelle fattorie didattiche, rivolto a tutte le età. O ancora, favorire l’integrazione di chi arriva da lontano attraverso un’attività concreta e gratificante.

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È l’agricoltura sociale: una pratica riconosciuta dalla legge 141 del 2015, intitolata appunto “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”, che anche in Italia guadagna sempre più terreno integrando gli obiettivi economici con quelli etici, la qualità produttiva con quella delle connessioni umane.

Foto: Freepik

Fenomeno in crescita

Basti pensare che secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) nel 2020 erano 228 gli operatori iscritti negli appositi albi regionali dell’agricoltura sociale. Ma nello stesso anno il primo rapporto di Coldiretti su questo fenomeno, evidentemente sulla base di criteri diversi, individuava circa novemila imprese agricole che si dedicano in Italia a progetti di welfare collaborativo, quasi il 700% in più rispetto al 2013. E ancora nel 2024 Confagricoltura, che alle migliori realtà in questo settore dedica anche un premio annuale, riportava come in Italia le imprese di agricoltura sociale siano oltre 3.500 e coinvolgano circa 40mila addetti.

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Ma a contare più dei numeri sono le potenzialità di questo settore, che possiede anche una propria Carta dei principi ormai ultradecennale e che si trova tutt’ora in piena evoluzione: «Si tratta di un insieme di esperienze in fase di sviluppo, su tutto il territorio nazionale, che coinvolge sempre più attori eterogenei tra loro (la società civile, i consumatori, gli enti pubblici, il mondo dell’imprenditoria agricola e quello dell’imprenditoria sociale) al fine di perseguire finalità comuni attraverso l’utilizzo dell’agricoltura», conferma uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Impresa sociale”.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: immagine simbolica

Foto: Freepik

Una complessità ed eterogeneità che ben illustrano le quattro storie che vi raccontiamo.

1. BRESSANONE (BZ): L’AZIENDA BIO-SOCIALE VINTLERHOF

Sono 16 in questo periodo le persone che lavorano presso l’Azienda agricola bio-sociale Vintlerhof a Bressanone, in provincia di Bolzano. Miriam Zenorini, che con suo marito Mirco porta avanti questo progetto di inserimento lavorativo di persone in situazioni di vita difficili attraverso la conduzione quotidiana della fattoria e delle attività connesse, le chiama «i ragazzi». Sono donne e uomini di tutte le età, come ci racconta Miriam:

Miriam Zenorini

Foto: Azienda biosociale Vintlerhof

«La più giovane ha 19 anni e il più anziano 64. Terra, negozio, ospitalità: tutto quello che facciamo, lo facciamo coinvolgendoli».

Percorsi personalizzati

Si tratta perlopiù di persone con problemi psichici o di dipendenza, ex detenuti o persone assegnate alle misure alternative al carcere, rifugiati o migranti in attesa dell’esito della commissione, donne uscite da situazioni di violenza o giovani provenienti da famiglie disagiate. Ognuno di loro viene inserito attraverso un progetto personalizzato, in collaborazione con i servizi del territorio, nelle diverse aree di lavoro: dall’agricoltura alla selvicoltura, dalla cura degli animali alla ristorazione, all’ospitalità.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda biosociale Vintlerhof

Foto: Azienda biosociale Vintlerhof

Strutture di accoglienza e punto vendita

Vintlerhof, infatti, gestisce anche appartamenti per le vacanze e un punto vendita. È una delle prime iniziative di agricoltura sociale in Alto Adige. «Purtroppo non riceviamo un centesimo di finanziamento pubblico, perché in Alto Adige non è previsto. La fattoria ce l’abbiamo in affitto e per pagarlo usiamo la parte alloggiativa come appartamenti per ospiti. Il sogno sarebbe quello di poterci far vivere le persone che accompagniamo, purtroppo per ora non è possibile».

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda biosociale Vintlerhof

Foto: Azienda biosociale Vintlerhof

Passione contadina

Lavorano parecchio Miriam e Marco. «I ragazzi» vengono prevalentemente la mattina; di pomeriggio ci sono i bambini e ragazzini per gli interventi assistiti con gli animali. Le liste d’attesa ormai sono lunghe, perché il numero di posti è limitato. Per far quadrare i conti Miriam parallelamente insegna agricoltura sociale ed economia solidale all’Università di Bolzano, mentre Marco fa il tecnico in un centro congressi la sera o la notte a seconda delle necessità. «Ho sempre lavorato in ambito sociale ma da piccola dicevo che avrei fatto la contadina, perché ho una passione per l’agricoltura, per stare con le mani nella terra e in mezzo agli animali. Sognavo anche di produrre i miei viveri».

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda biosociale Vintlerhof

Foto: Azienda biosociale Vintlerhof

Sogno realizzato. La fattoria è quasi autosufficiente. E vende cibo sano, certificato bio.


2. LUCCA: COOPERATIVA AGRICOLA SOCIALE CALAFATA

Calafata l’hanno fondata in tre, nel 2011. Poi è cresciuta, e anche parecchio. Siamo tra la Versilia e la Lucchesia, pare che questa sia stata la prima cooperativa sociale della Toscana. Marco Bechini, che ne è presidente e direttore, non sa se sia vero: «So che quando stavamo avviando le attività e cercavamo una realtà simile per capire come potesse funzionare siamo dovuti andare in Emilia Romagna e in Veneto, dalle nostre parti non l’abbiamo trovata», racconta.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Marco Bechini

Foto: Azienda agricola Calafata

«Tutta l’attività si basa sull’agricoltura sociale. Tutela e recupero ambientale, tutela e recupero delle persone che hanno attraversato un periodo complicato sono le mission».

I filoni d’attività

Due i filoni di attività: la produzione agricola primaria e i servizi agricoli e di manutenzione del verde. Le attività dirette di produzione agricola e trasformazione sono realizzate su circa 30 ettari di terreno suddiviso tra la zona di Camaiore e di Viareggio e quella di Capannori e di Lucca: terreni in affitto o in comodato dove si producono ortaggi, uva, miele, olio, frutta, erbe aromatiche. La parte di servizi avviene, invece, in altre aziende dello stesso territorio.

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In entrambi gli ambiti viene effettuato inserimento lavorativo di persone provenienti dalle fasce fragili della comunità: migranti, persone in uscita dal carcere o che possono beneficiare delle pene alternative o della messa alla prova, dei lavori socialmente utili. E ancora, persone che arrivano da percorsi riabilitativi o di cura di salute mentale, alcuni invalidi civili, tutte le dipendenze e altre tipologie di fragilità, attraverso la collaborazione con i servizi sociali e gli enti a cui sono in carico le persone.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda agricola Calafata

Foto: Azienda agricola Calafata

Un premio per l’inclusione

All’inizio di maggio Calafata ha ricevuto dall’Unhcr il “Welcome. Working for refugee integration” per il 2024 per il suo impegno «nell’attuazione di interventi specifici per l’inserimento lavorativo dei rifugiati e la promozione di una società inclusiva». È stata compiuta molta strada. «Il bilancio del 2011 era di 11mila euro, quello del 2024 di un milione. Dai tre dipendenti di allora, oggi passano dalla cooperativa circa un centinaio di persone all’anno» aggiunge Bechini.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda agricola Calafata

Foto: Azienda agricola Calafata

Spazio da colmare

Calafata, per esempio, gestisce direttamente dieci ettari di vigneto ma ne lavora più di cento. «Probabilmente c’era spazio nel settore e abbiamo avuto anche la fortuna di avviare le attività mentre spariva tanta manodopera manuale agricola, formata ormai da una fascia anziana della popolazione, che girava a giornata le aziende agricole. Proponendo quindi una modalità che già esisteva sul territorio».

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda agricola Calafata

Foto: Azienda agricola Calafata


3. MARTIGNANO (ROMA): LA COOPERATIVA AGRICOLA BARIKIMÀ

Sidiki vende verdure bio al parco Nemorense di Roma. Ma non solo. Insieme ai suoi compagni di lavoro e d’avventura si divide le piazze coperte nei fine settimana dalla Cooperativa Sociale Barikamà: largo Spartaco al Quadraro, Città dell’altra economia a Testaccio, Torre Spaccata, il parco della Certosa, Casale Podere Rosa a Monte Sacro. Sono otto persone: sei africani di paesi diversi e due italiani con disabilità. Hanno due camioncini. Lunedì riposo, dal martedì al venerdì lavoro in azienda, a Martignano, nelle campagne settentrionali della città.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: i componenti della Cooperativa agricola Barikamà

Foto: Cooperativa agricola Barikamà

Figli di contadini

Come il suo amico Abou conosciuto in Libia, Sidiki viene dal Mali. A Roma sono arrivati dopo la rivolta di Rosarno, in Calabria, nel 2010, con la paura persistente di subire altre violenze. C’era anche Suleiman che, nel centro sociale ex-Snia dove alcuni di loro erano stati accolti, per primo si è messo a fare lo yogurt. «Abou ha conosciuto un ragazzo che aveva un amico che aveva un caseificio a Martignano – racconta Sidiki – Siamo andati lì e per fare lo yogurt ci hanno insegnato a usare i macchinari». E poi:

Quattro esperienze di agricoltura sociale: i componenti della Cooperativa agricola Barikamà, i soci al lavoro sui campi

Foto: Cooperativa agricola Barikamà

«Abbiamo visto la terra e, siccome siamo tutti figli di contadini, abbiamo chiesto se potevamo coltivarla».

Prodotti e progetti

Era il 2011. Nacque la Cooperativa, che con l’Associazione di promozione sociale Barikamà, che in lingua bambara significa «resistente», porta avanti un progetto d’inserimento sociale e lavorativo di persone svantaggiate mediante la produzione e vendita di yogurt e ortaggi biologici. La terra è dell’azienda agricola Casale di Martignano. La Cooperativa coltiva circa nove ettari, paga affitto e utenze, ma vende bene e partecipa a bandi.

 

Il sogno di tornare

Sui banchetti ci sono gli ortaggi di stagione, broccolo e cavolfiore d’inverno, ora il carciofo, porro e cipolla. «Ad agosto tutti i clienti vanno via, non abbiamo la possibilità di vendere tutto fresco e allora facciamo le conserve», spiega Sidiki. Anche lui parte, una volta all’anno, per tornare in Mali a trovare moglie e figli.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: la cooperativa Barikamà

Foto: Terraneamagazine

E chissà che un giorno non possa restare di nuovo con loro, a coltivare la terra.


4. CASTEL DEL GIUDICE (IS): L’AZIENDA AGRICOLA MELISE

Piano piano, a Castel del Giudice, l’azienda agricola Melise sta sostituendo le varietà coltivate nei suoi 25 ettari di meleto biologico per tornare a quelle antiche. Colpa dei cambiamenti climatici, che hanno trasformato inverni e primavere dell’alto Molise, come racconta il responsabile dell’azienda Emanuele Scocchera: «Da almeno 6 anni soffriamo di sbalzi di temperatura, in particolare di gelate tardive in piena fioritura, ad aprile e all’inizio di maggio». Questo ha comportato negli anni una forte perdita di produzione:

Quattro esperienze di agricoltura sociale: Azienda agricola Melise

Foto: Azienda agricola Melise

«Ma ci ha anche indirizzato a riscoprire antiche varietà locali, più resistenti di quelle commerciali messe all’inizio dell’attività».

Varietà recuperate

Melise è nata nel 2003, allora il clima era diverso da quello attuale, prosegue Scocchera: «Gli inverni erano rigidi, con la neve a gennaio e febbraio, adesso invece questi due mesi, che dovrebbero essere quelli più freddi, hanno temperature medie giornaliere anche di 10-12 gradi, che dal punto di vista fenologico vanno a confondere il sistema della pianta».

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La limoncella, la zitella, la gelata, la bicolore o l’annurca del Molise sono tra le varietà che dal 2018 Melise sta recuperando, grazie a un lavoro di passaparola.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: un uomo raccogilie le mele dell'Azienda agricola Melise

Foto: Azienda agricola Melise

Birra agricola

L’azienda ha anche un birrificio agricolo, «questo significa che autoproduciamo almeno il 51% delle materie prime: il 100% dell’orzo che poi diventa malto e stiamo lavorando a un piccolo luppoleto, da implementare perché anche in questo caso abbiamo trovato le varietà giuste», aggiunge Scocchera. Tutti i terreni sono condotti con contratto d’affitto a cittadini del paese.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: la spillatura della birra prodotta da Azienda agricola Melise

Foto: Azienda agricola Melise

Paese in cooperativa

A Castel del Giudice c’è anche un apiario di comunità. «Ogni apicoltore prende i suoi melari e viene a smielare qui, conferendo il suo miele all’apiario che poi si occupa della commercializzazione».

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È il primo in Italia. Partito con un progetto di formazione per chi volesse diventare apicoltore nel circondario di Castel del Giudice, è gestito da Artemisia, la prima Cooperativa di Comunità Agricola del Molise, che include in attività lavorative anche i migranti accolti dal Comune attraverso un progetto Sprar avviato quasi una decina di anni fa e tuttora in corso. «Diciamo che il fine comune tra meleto, birrificio e apiario sta nel coinvolgere a mo’ di cooperativa un intero paese», sintetizza Scocchera.

Quattro esperienze di agricoltura sociale: la piazza di Castel del Giudice

Foto: Azienda agricola Melise

Ci lavorano ad oggi circa 20 persone, che in un paese di 200 abitanti, in una regione ad alto tasso di spopolamento, può considerarsi una scommessa vinta.

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