Meraviglioso. C’è poco da aggiungere quando Vittorio ci mette sotto gli occhi quel microcosmo che si nasconde fra i petali. «Vede?» racconta con quell’inflessione che sa insieme di saggezza, bontà d’animo e storia dei luoghi in cui ci accompagna. «Qui siamo all’inizio della vita, nel pistillo era entrato il polline e adesso questa è già l’albicocca». Poi allarga le braccia e aggiunge:
«Adesso si tratta solo di attendere, sperando che tutto proceda per il verso giusto».
L’attimo fuggente
È primavera anche sui frutteti del gruppo alimentare La Cesenate, in quel fazzoletto di Romagna tra il Savio e il Rubicone che degrada verso la riviera. Siamo arrivati fin qui, una mattina di fine marzo, per cogliere l’attimo fuggente: quello in cui il calice si apre e finalmente si scorge, al centro dell’ovario, un corpuscolo verde e traslucido, che il lungo processo di germinazione ha reso frutto.
A condurci in questa vera e propria nursery vegetale, sulle splendide colline della Carpineta, fra Cesena e Sorrivoli, è Vittorio Bertaccini: 86 anni portati come un giovanotto, originario di queste terre e tecnico agrario per quasi mezzo secolo nell’azienda che ha visto la luce 75 anni fa, antesignana del biologico e oggi leader in questo settore anche attraverso il marchio Alce Nero.
Racconto d’insieme
«Su questo terreno, dieci ettari coltivabili, ci sono circa quattromila alberi d’albicocco, piantati nel 2006 – racconta Bertaccini – Sono tutti di una stessa varietà d’origine campana, la cosiddetta “Cafona”. È la prima che matura dalle nostre parti ed è particolarmente adatta alla trasformazione e al gusto dei bambini, vista la sua bassa acidità».
È un’esperienza osservarlo mentre si aggira fra queste piante, come se le conoscesse una ad una e potesse coglierne i messaggi più reconditi. Lo seguiamo tra i filari, in questo paesaggio che potrebbe ispirare un dipinto di Michele Cascella e che esprime innanzitutto un racconto d’insieme: «Qui siamo nella parte bassa del frutteto, meno esposta al sole, la fioritura perciò è appena cominciata. Poco più in alto invece siamo già in una fase più precoce, quella caratterizzata dalla caduta dei petali».
Fioritura a scalare
Poi si avvicina con quello sguardo sapiente e le mani ossute ai rametti per verificare il delicato cammino che porterà, durante le prossime settimane, alla maturazione: «La tempistica è quella giusta – riprende – anche se qualcosa nei mesi scorsi ha portato ad un’anomalia: sullo stesso ramo si osserva una sorta di fioritura a scalare, con delle gemme ancora chiuse, altre appena con il bocciolo e altre ancora con il fiore ben visibile». Cosa significa? «Significa che il caldo di qualche settimana fa, a fine febbraio, ha provocato una gemmazione anticipata, poi è subentrato il freddo e adesso, con le temperature gradevoli di questi giorni, la fioritura procede con questo disallineamento».
Tutto ha un significato, insomma, su questa distesa collinare immersa nel silenzio, anche le api in cerca di nettare e le prime farfalle che si poggiano sulle margherite.
Segnali di sofferenza
Ma questo non è l’unico sintomo che i suoi occhi, o forse la sua anima sensibile e acuta sa cogliere. Ci spostiamo, infatti, su un altro appezzamento a pochi metri distanza, lungo una parete scoscesa della collina: «La differenziazione delle gemme nell’albicocco avviene tra giugno e agosto – riprende Vittorio – Alcune diventeranno fiori e frutti, altre invece produrranno foglie e rami, tutto secondo il loro “pensiero”». Vale a dire secondo quella regola che è già scritta nel Dna delle piante.
Alberi intelligenti
Ed è qui che Vittorio ci fa “leggere” un altro scampolo di questo racconto, che si riallaccia alla storia recente di questi territori: «Alcuni di questi rametti sono completamente privi di gemme, vede? Ce ne sono soltanto alcune a legno perché la pianta è intelligente e preserva il suo futuro. Però si capisce che c’è stata una sofferenza, che ci rimanda proprio allo scorso anno quando tutta la pioggia è caduta in colpo solo, durante le alluvioni di maggio. Poi, fino a novembre, è subentrata la siccità». Proprio nel periodo in cui sarebbe dovuta avvenire la differenziazione che su alcuni individui, quelli che poggiano sopra un punto meno fertile della coltivazione, dove il suolo è più scosceso ed eroso dagli anni, si vede che è avvenuta parzialmente o non è avvenuta affatto.
Febbraio 2024 in Italia è stato il più caldo mai registrato dal 1800, così come l’intera stagione invernale.
Secondo i dati ISAC gli scarti sulla media 1991-2020 sono stati, rispettivamente, +3.09 °C e +2.19 °C.https://t.co/Bt2iOhz6A9 pic.twitter.com/nGArEcvzrl— AMPRO (@AMPRO2019) March 7, 2024
L’ultima sfida
Ora le giovani albicocche dovranno sfidare gli inevitabili ostacoli della stagione intermedia, quella segnata dalle brine e dalle gelate notturne che pure incombono: «Il limite che possono sopportare è di un grado o due sotto zero – ribadisce Vittorio – Sul frutto che ha appena superato l’allegagione il ritorno di freddo ha un effetto più grave che non sul fiore. Perché nel frutticino c’è una linfa che ha molta acqua e i legami molecolari con il gelo si rompono facilmente». Lo scorso anno ad aprile si è giunti anche cinque o sei gradi sotto zero, a conferma degli sbalzi termici e delle estremizzazioni del clima che preoccupano sempre di più il mondo agricolo.
E allora l’appuntamento è fra qualche settimana qui nella Carpineta, tra la vecchia cascina, la macchia e i borghi che fanno da corona a questa conca silente, insieme a Vittorio e al team agronomico della Cesenate che ha ereditato la sua lezione. Per esplorare ulteriormente questo ecosistema, con gli ampi margini d’imprevedibilità che prevede ogni coltura in campo aperto.
E per continuare il nostro viaggio negli equilibri dinamici della vita, come il frutteto insegna.