A differenza delle soluzioni esclusivamente tecnologiche o infrastrutturali, le NbS puntano infatti a sfruttare la capacità intrinseca della natura di rigenerarsi e adattarsi, come spiega Rudy Rossetto, professore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa presso l’Istituto di produzioni vegetali:
«Sono soluzioni che vanno a “mimare” i processi che avvengono in natura. E che permettono di ottenere una vasta gamma di servizi ecosistemici».
Approccio sistemico
Vediamo allora cinque esperienze tutte italiane che raccontano come si possa aver cura del territorio investendo nella natura.
1. A MONTOPOLI IL PRIMO BOSCO BIOSOSTENIBILE

Foto: Toscana Notizie
A Montopoli in Val d’Arno (Pisa), un bosco di sei ettari si è sostituito ai capannoni dismessi di un allevamento industriale di suini. Per combattere smog e isole di calore e per proteggere il terreno dalle alluvioni, “desigillando” il suolo. In poco più di due anni, sono state smaltite 17.500 tonnellate di rifiuti edili tra cemento, calcestruzzo e amianto con tanto di bonifica del terreno. Poi sono stati piantati circa tremila alberi. Un progetto di rinaturalizzazione avviato nel 2022 da Unicoop Firenze insieme a Stefano Mancuso, docente presso l’Università di Firenze e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, il team multidisciplinare di Pnat (Project Nature) e Legambiente, al quale hanno partecipato cinquemila soci donando 225mila euro per l’acquisto delle piante.
Apertura in primavera
L’area verde dalla prossima primavera sarà aperta a tutti. Si tratta del primo bosco biosostenibile d’Italia, dove si monitora l’assorbimento di anidride carbonica grazie ad apposite centraline.
Così tremila alberi, secondo le stime, in dieci anni potranno assorbire 170 tonnellate di CO2 e una mole consistente di polveri fini e ossido di azoto.
2. MILANO “CITTÀ SPUGNA”

Foto: Pierluigi Palazzi
Novanta interventi di drenaggio in 32 Comuni dell’hinterland milanese, da collaudare entro il 30 giugno del 2026. Il progetto, da 50 milioni di euro finanziati con il Pnrr, si chiama Milano città spugna. Per presentarlo, la Città metropolitana di Milano ha chiamato a raccolta nove studi di progettazione esperti nel disegno del paesaggio e nella gestione sostenibile delle risorse idriche. Sarà realizzato grazie a un accordo con Cap, l’attuale gestore del ciclo idrico integrato per l’area milanese.
Gli interventi riguardano esclusivamente aree pubbliche, come piazze, parcheggi, sedi stradali, piste ciclabili. A Trezzano sul Naviglio, Cesano Boscone, Solaro, Rho, per citare solo alcuni dei Comuni interessati, le principali opere di drenaggio previste sfruttano piante ed elementi vegetali per assorbire acqua e inquinamento e sostituiscono l’asfalto con superfici permeabili in grado di far filtrare l’acqua e allo stesso tempo mitigare le isole di calore.
Duemila piante in più
Sono trincee infiltranti, box alberati, bacini di detenzione, zone umide, canali di drenaggio vegetati, sistemi di infiltrazione profonda, pavimentazioni drenanti, serbatoi di accumulo. I tecnici della Città metropolitana stimano che una volta realizzati i 90 progetti saranno rigenerati 530mila metri quadrati di territorio, realizzati circa 30mila metri quadrati di nuove superfici a verde, messe a dimora più di duemila nuove piante e 32mila arbusti.
Si dovrebbe ottenere, inoltre, un risparmio energetico di circa 126 mila kilowatt ogni anno, ovvero 11 tonnellate equivalenti di petrolio non immesse in atmosfera.
3. LA PROTEZIONE DELLE DUNE A RAVENNA

Foto: unibo.it
Due progetti successivi hanno interessato le dune del litorale di Ravenna, alla foce del fiume Bevano, nel Parco del Delta del Po. Un’oasi naturalistica dove gli habitat svolgono un importante ruolo ecologico, uno dei rari tratti di costa ancora non urbanizzato. Il progetto Life NatuReef (coordinato dall’Università di Bologna e da diversi partner tra cui il Comune di Ravenna), concluso a giugno 2024, ha l’obiettivo di formare scogliere marine di ostriche e sabellaridi, una famiglia di vermi che vivono in tubi di sabbia costruiti da loro stessi.
Barriere viventi
Tutto attraverso l’installazione davanti alla foce di una struttura calcarea che possa ospitare e incubare queste specie autoctone ma ormai rare. L’Ostrea edulis da lì è quasi scomparsa, il sabellaria reefs dal Mediterraneo. Entrambi formano ecosistemi in grado di accumulare sedimenti: barriere marine che rompono e dissipano la forza delle onde. Migliorando la resistenza degli ecosistemi, i reef contribuiranno a contrastare il cambiamento climatico. Un vero e proprio cambio di paradigma, spiega il coordinatore del progetto, Massimo Ponti:
Foto: Unibo
«Piuttosto che proteggere le spiagge con strutture artificiali cerchiamo di ricostituire queste strutture vive, che sono delle difese naturali contro l’erosione».
Steccati sulla duna
E sempre alla foce del Bevano, ma questa volta sulla spiaggia, è stata realizzata, nell’ambito del progetto “Riged-Ra – Ripristino e gestione delle dune costiere ravennati” (2013-2016), una barriera frangivento. Lo scopo è interrompere il flusso di vento carico di sabbia e di conseguenza favorirne l’accumulo per ricreare la duna.
Il sito è al confine tra una zona a tutela integrale e una a tutela intermedia, vietata da aprile a luglio quando vi nidifica il fratino. Queste tipologie di strutture si chiamano ganivelle: sono steccati in castagno (scelto per la sua resistenza) che vengono installati paralleli alla costa.
L’intervento si estende per 465 metri e ha prodotto buoni risultati.
4. LA FORESTA DI BAMBÙ A PORTOMAGGIORE

Marco Mercatelli, responsabile delle foreste a Portomaggiore Foto: Forever Bambù
Il progetto della foresta di bambù gigante a Portomaggiore Ripapersico, in provincia di Ferrara, è stato avviato nel 2016 dalla società italiana benefit Forever Bambù. Occupa una superficie di 16 ettari, circondata da un canale irriguo, dedicata al progetto Forever Zero CO2. Quattro ettari sono di bosco misto di lecci e querce, mentre nei rimanenti 12 ettari sono state messe a dimora circa 1200 piante di bambù gigante per ettaro.
Si tratta ormai di un bambuseto adulto e, grazie alla dimensione raggiunta dalle piante (in media 10 centimetri di diametro per 15 metri di altezza) e alla loro conformazione, può essere considerata una delle foreste di bambù più belle d’Italia.
Protocollo simbiotico
Forever Bambù, dal 2014, recupera terreni abbandonati, li lavora e li piantuma seguendo un protocollo agroforestale biologico e simbiotico per trasformarli in foreste di bambù gigante. Questa pianta è un efficace carbon sink: ha infatti una eccellente capacità di crescita e di assorbimento del carbonio dall’atmosfera, producendo notevoli quantità di biomassa. Questo consente al produttore di certificare le sue riforestazioni al fine di compensare emissioni di CO2 di imprese inquinanti. Si aggiunge l’utilizzo della biomassa: il bambù è un materiale alternativo con eccezionali proprietà chimico-fisiche.
L’ideale per sostituire materie prime non rinnovabili come legno e pelle o inquinanti in fase di produzione e smaltimento come plastica e materiali edili.
5. GLI INTERVENTI DI RITENZIONE IDRICA A MARANO VICENTINO

Il giardino pluviale a Santorso (Vi). Foto: Beware
Per aumentare la resilienza del territorio, i comuni di Santorso e Marano Vicentino, nell’Alto-vicentino, hanno deciso di promuovere misure di ritenzione idrica naturale, nell’ambito del progetto Beware (“Better Water Management for Advancing Resilient-communities in Europe”) finanziato dal programma Life. Il progetto, avviato nel 2022, vuole sviluppare la capacità di adattamento alle inondazioni urbane e rurali, coinvolgendo le comunità locali, e si basa sull’utilizzo diffuso di Natural Water Retention Measures (misure idrauliche piccole e accessibili) per infiltrare e immagazzinare l’acqua piovana.
Stop allagamenti
Sono cinque gli interventi a Santorso e due a Marano. A Santorso, il primo prevede un giardino pluviale dentro un parcheggio e una bio-ritenzione sottodunale in due parti verdi dell’area. Il secondo intervento è lungo una collina, per evitare l’allagamento di abitazioni ai suoi piedi in caso di piogge intense: sono stati costruiti un canale di scolo, che intercetta il deflusso delle acque superficiali, e un’area di bio-ritenzione per l’accumulo e l’infiltrazione dell’acqua. Il terzo intervento, in un’area residenziale, comprende un bacino di ritenzione che convoglia le acque superficiali durante le precipitazioni.
Pozzi, trincee e un laghetto
In una parte del bacino, sempre inondata, è stata creata una zona umida per piante e animali. Obiettivi simili sono stati raggiunti con gli altri due interventi, grazie a sistemi di raccolta dell’acqua piovana, pozzi, trincee per l’infiltrazione, pavimentazioni porose e rain garden. A Marano, sono stati realizzati giardini pluviali in un complesso scolastico e un laghetto di ritenzione in un’area agricola.

Foto: Beware
Quest’ultima può immagazzinare fino a 2.500 metri cubi d’acqua.