Immergersi nella foresta. La scienza spiega perché fa bene Immagine di jcomp su Freepik
Agroforestazione

Immergersi nella foresta. La scienza spiega perché fa bene

Questa pratica è nata in Giappone negli anni Ottanta ma si è presto diffusa anche in Italia. Dove il nostro patrimonio forestale permette di vivere esperienze di rigenerazione del corpo e dello spirito, certificate da studi internazionali. Alla scoperta del Forest bathing

Alice Scialoja 26 Giugno 2023

Farsi il bagno è rilassante per definizione. Che sia alle terme o nella vasca di casa, fra le onde del mare o in piscina. Il corpo nell’acqua assapora e assorbe una dimensione diversa dal solito: la sensazione, lieve o potente, d’interagire con un altro elemento. Ma oggi, sempre più spesso, sentiamo parlare anche dei “bagni di foresta”: una pratica d’immersione nella natura, di cui anche la scienza ha comprovato gli effetti benefici. Un viaggio nel verde verso lo spazio del sé. Quello spazio che ognuno di noi ha bisogno di accarezzare, di far respirare al proprio ritmo proprio come gli alberi della foresta, che per diventare tale ha bisogno di spazio e di tempo.

 

Due donne praticano il "bagno di foresta" meditando nella natura

Il “bagno di foresta” è nato in Giappone ma è molto praticato anche da noi (Foto: Canva)

Il tempo del bosco

«Molto spazio e molto tempo», spiega Luca Santini, presidente di Federparchi e del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, dove nella riserva di Sasso Fratino ci sono 770 ettari di foresta che dal 2017 sono patrimonio Unesco dell’umanità e faggi che contano seicento anni. Un luogo speciale per le sue caratteristiche naturali, basti pensare che la media dell’altezza degli alberi in Italia è di 14 metri, quella nel Parco delle Foreste Casentinesi sfiora i quaranta:

 

Luca Santini è il presidente di Federparchi

Luca Santini è il presidente di Federparchi (Foto: Federparchi)

«Gli alberi hanno una vita che corrisponde a sei volte la nostra. Una dimensione che a noi uomini rischia di sfuggire E che contribuisce a fare la differenza tra bosco e foresta», aggiunge Santini.

Cerchiamo perciò di capire innanzitutto che cosa sia una foresta. Citando Fabio Clauser, l’amministratore forestale che istituì la prima Riserva naturale integrale in Italia nel 1959, Santini chiarisce: «Un bosco diventa foresta quando gli alberi vengono lasciati liberi di svilupparsi nelle loro naturali dimensioni, per un’estensione di qualche centinaio di ettari. E quando questo accade gli alberi si sviluppano non soltanto nella parte che noi vediamo, fuori dal terreno, ma anche nel cosiddetto soprassuolo forestale, dove iniziano ad avere rapporti tra loro e con altri vegetali attraverso gli apparati radicali».

 

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Gli alberi d’altro canto, come è ormai provato, comunicano tra loro a livello chimico ed elettrico, sia nella parte emersa che con le radici: «In questo nuovo ecosistema di rapporti, una foresta diventa un unico e complesso essere vivente».

 

Una passeggiata in gruppo nel Parco delle Foreste casentinesi

Nel Parco delle Foreste casentinesi ci sono 770 ettari di foresta patrimonio Unesco dal 2017 (Foto: Parco Foreste Casentinesi)

Obiettivo cortisolo

Chimica, fusione, comunicazione non verbale: nel bagno di foresta, per il nostro benessere, all’unisono con gli alberi, c’è tutto questo. Gli studi scientifici sugli effetti positivi delle immersioni nella foresta – e più in generale nella natura – sugli esseri umani sono ormai numerosi, provenienti da diversi paesi e pressoché tutti concordi: è un modo efficace per ridurre lo stress, abbassando i livelli del principale ormone che ne è responsabile, il cortisolo. E per ridurre anche la depressione, le patologie tumorali e il rischio di malattia nonché per migliorare le funzioni cognitive. Studi condotti originariamente nelle foreste del Giappone, dove la pratica dello shinrin-yoku (il bagno di foresta, appunto) si è sviluppata negli anni ’80 come parte di un programma di salute nazionale, promosso dall’Agenzia delle Foreste del governo per promuovere il benessere.

 

 

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Profumi che guariscono

Due ricerche recenti sono, invece, citate da Dan Lambe, l’amministratore delegato della Arbor Day Foundation, la più grande associazione no-profit statunitense dedicata alla messa a dimora di alberi, in una riflessione sul disagio mentale: un’analisi condotta in Germania ha concluso che il solo fatto di vivere nel raggio di 100 metri da un albero può ridurre il bisogno di farmaci antidepressivi. Mentre in Danimarca i ricercatori hanno evidenziato che i bambini cresciuti in aree dagli spazi verdi molto ridotti avevano un rischio significativamente più alto di sviluppare in seguito disturbi psichiatrici rispetto ai bambini che vivevano in prossimità di molto spazio verde. Una sperimentazione è stata portata avanti anche nel parco delle Foreste Casentinesi: misurando i livelli di cortisolo di gruppi di volontari, prima e dopo l’immersione in foresta, è stato rilevato che dopo tre e cinque giorni di immersione completa, cioè dormendo anche tra gli alberi, questi livelli si abbassavano significativamente.

Una questione di chimica, dunque, che s’innesca grazie ai terpeni, le biomolecole che gli alberi producono, ma anche grazie agli odori che si respirano e ai panorami di cui si gode, che incidono su fisico e psiche.

 

Una persona esplora un bosco ricoperto di muschio, una pratica d'immersione nelle foresta

Grazie ai terpemi emessi dagli alberi è possibile vivere delle esperienze sensoriali inedite nella foresta (Foto: Canva)

Benessere certificato

Dal 2020 Pefc Italia, l’organizzazione che promuove un sistema di certificazione forestale nazionale, ha introdotto tra i suoi parametri un criterio che dialoga con quello del bagno di foresta: uno standard che indica i requisiti per verificare l’idoneità delle aree forestali al benessere ad esse legato. Lo strumento è già stato applicato in alcuni boschi italiani, tra cui il monte Amiata dove sono risultate idonee tre aree, mentre sono in fase di certificazione il Parco del Respiro di Fai della Paganella in Trentino e i Boschi Carnici in provincia di Udine. Spiega Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia:

 

Antonio Brunori è il segretario generale di Pefc Italia (Foto: Pefc)

Antonio Brunori è il segretario generale di Pefc Italia (Foto: Pefc)

«La lista di chi ha chiesto la verifica di conformità è molto lunga. Tra i punti chiave dello standard relativo al benessere c’è innanzitutto la gestione corretta e sostenibile del bosco. Poi l’accessibilità e la qualità dell’informazione sull’area e sui suoi percorsi».

Infine una somma di diverse caratteristiche tangibili e intangibili dei luoghi, strutturali e paesaggistiche, come la composizione del bosco, le pendenze, la qualità della vegetazione, la presenza dell’acqua, i punti scenici, la presenza specifica dei monoterpeni e di altri composti chimici emessi dalla natura.

Convivere con le altre specie

E gli animali? La domanda nasce spontanea, in particolare dopo la tragica morte del runner, ucciso alcune settimane fa da un’orsa in un bosco del Trentino. «Il tema della presenza di animali è di estrema attualità anche prima di quello che è successo in Trentino – risponde Brunori– Anche cinghiali o zecche, per esempio, determinano una problematica che alcuni boschi riescono a tenere sotto controllo e altri no». Un bosco certificato per la sua gestione dunque affronta il tema, con piani di prevenzione e di comunicazione, specificando le zone dove è opportuno non andare. «Sicuramente la presenza di animali è un elemento importante di quello che si cerca in un’esperienza di questo genere – aggiunge il segretario generale di Pefc Italia – altrimenti meglio andare al parco. E non è detto che non faccia bene ugualmente».

 

L’incontro con le altre specie animali fa parte delle esperienze consuete nella foresta (Foto: Canva)

Natura urbana

Parco urbano contro foresta, dunque? La questione non si pone in questi termini. Perché a contare davvero è quello di cui ognuno di noi ha bisogno. «Per una persona stressata che vive in mezzo ai grattacieli già la vista di un albero può essere sufficiente a sentirsi bene – fa l’esempio Brunori – Le esigenze variano a seconda delle persone. Per avere effetti legati al sistema immunitario, con un incremento delle sue resistenze per circa un mese, c’è bisogno di almeno 12 ore di frequentazione della natura in quattro giorni». Ma si può anche andare mezzora al giorno ad “abbracciare” un albero in un parco cittadino e magari averne lo stesso beneficio, perché si ha bisogno di quello e non della natura selvaggia.

«Siamo esseri complessi e, ugualmente, la reazione della nostra salute a un’induzione urbana piuttosto che naturale è una risposta complessa: cercare di separare l’aspetto chimico-fisiologico da quello cognitivo-psicologico è a mio avviso un po’ velleitario».

Cibo per lo spirito

È sulla stessa onda Enrica Bortolazzi, fondatrice insieme al dottor Franco Berrino dell’associazione La Grande Via, che per due anni ha portato avanti insieme al Parco la ricerca sul cortisolo nelle Foreste casentinesi. Bortolazzi è di ritorno da un’immersione in foresta in Giappone, con 25 persone, organizzata dalla sua associazione, che si occupa del miglioramento del benessere attraverso tre vie, percorse contemporaneamente: cibo, movimento fisico e spiritualità. Ci racconta la specificità dell’esperienza nel Casentino: un bagno di foresta lungo tre giorni, dormendo due notti sulle amache, completamente immersi nella natura, proprio per avere risultati significativi sul cortisolo, che poi in effetti sono stati riscontrati, e comprendere il cambiamento che si genera in una persona, sia a livello psicologico che fisico.

 

Enrica Bortolazzi ha fondato insieme a Franco Berrino l’associazione La Grande Via (Foto: La Grande Via)

Enrica Bortolazzi ha fondato insieme a Franco Berrino l’associazione La Grande Via (Foto: La Grande Via)

«L’effetto che le piante hanno viene potenziato dal tempo – spiega – E soprattutto, secondo me anche dal fatto che mettiamo insieme varie cose».

Al suono del gong

Ma che cosa si fa durante queste giornate? I gruppi sono di una trentina di persone al massimo, per non perdere la qualità dell’immersione. Si cammina, alternando il trekking alla meditazione, per assaporare la lentezza. Si fa yoga, la mattina al risveglio alle sei. Si organizzano incontri nel bosco, per esempio con guide ambientali che raccontano la foresta, la tipologia di piante, di animali. Si parla anche dell’importanza di tutelare gli alberi da parte di ciascuno di noi, in relazione al cambiamento climatico. Le esperienze in Italia sono state lo spunto per andare verso altre foreste del mondo. A respirarne anche la spiritualità. Mesi fa, Enrica Bortolazzi era con un gruppo in Lapponia.

Ma a meno venti, niente amache!

Una delle esperienze organizzate dalla Grande via alle Foreste Casentinesi (Foto: La Grande Via)

Una delle esperienze organizzate dalla Grande via alle Foreste Casentinesi (Foto: La Grande Via)

 

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