Oggi lavora come libero professionista per diverse organizzazioni della società civile, istituzioni internazionali e università. E la sua passione è raccontare e connettere la realtà delle campagne con le politiche europee, sperando un giorno di tornare fra gli ulivi e alla vita mediterranea da cui proviene. Il nostro viaggio nella formazione dei giovani agronomi ricomincia da Matteo Metta: 31 anni, dottore di ricerca in Scienze agrarie, alimentari e agroambientali all’Università degli studi di Pisa ma originario di Cerignola (Fg), dove è nato e cresciuto fra la città e i terreni di famiglia.
Proprio in questa cittadina nel cuore del Tavoliere delle Puglie era iniziato il percorso che l’ha portato a realizzare il suo progetto, quello cioè di lavorare in un mondo complesso e in forte cambiamento come quello dell’agronomia. A partire dall’istruzione superiore, presso l’Istituto tecnico agrario Giuseppe Pavoncelli che rappresenta uno storico punto di riferimento per la formazione agricola del territorio:
«Ho scelto questa scuola perché mi piacevano le scienze e perché mi veniva suggerita dal mio contesto familiare. E tutti i giorni, dopo la scuola, lavoravo nell’azienda di mio padre», racconta.
Orizzonti da scoprire
Una storia, la sua, che ci aiuta a capire gli orizzonti che assume oggi la professione dell’agronomo. Matteo infatti, dopo le superiori, studia Scienze alimentari alla triennale e Scienze agrarie alla magistrale presso l’Università di Foggia, poi si specializza in Sviluppo rurale con un master internazionale. Quindi comincia a guardarsi intorno: «Insieme ad altri giovani agronomi molto motivati, ognuno con un background diverso, provavamo una certa frustrazione: era evidente che gli sbocchi di lavoro riguardavano la gestione amministrativa e i pagamenti della Pac, dentro un’associazione di categoria». Arriva anche la proposta di una multinazionale dei fitofarmaci, per lavorare come rappresentante. Primo colloquio e prima prospettiva di stipendio: «Ho preferito soprassedere, consapevole che rinunciavo a un’opportunità concreta, per cercare altri percorsi».
Ruolo in evoluzione
La questione economica d’altro canto, come per tutti coloro che lavorano nel settore agricolo, non è di facile soluzione. E il ruolo dell’agronomo, almeno da noi, non si è ancora pienamente affermato: «In Italia moltissime aziende – riprende Metta – non si possono permettere un agronomo o dei servizi di assistenza agroecologica, per non parlare della diversificazione aziendale». Inoltre, aggiunge, in molte regioni gli agronomi non sono strutturati al punto da accompagnare i contadini in modo indipendente, accessibile e ambizioso rispetto alle sfide dell’agricoltura di oggi: «Questo è un problema serio – prosegue – perché si chiede molto ai contadini, ma loro si ritrovano da soli di fronte al lavoro e a rischi più grandi di loro». E il quadro è chiaro:
«Gli attori con interessi commerciali, come le assicurazioni o le industrie degli agrofarmaci, non possono essere l’unica bussola a loro disposizione».
Imparare dai contadini
Alcuni suoi amici agronomi in realtà sono riusciti ad aprire la propria attività professionale in maniera indipendente («Bisogna riconoscergli il merito, perché non è stato affatto semplice»). Lui invece, come altri studenti del suo corso, ha puntato su prospettive diverse cercando di formarsi ulteriormente e di ampliare lo sguardo. Così nell’ottobre del 2023 ha conseguito il dottorato discutendo una tesi sulla digitalizzazione e la gestione multifunzionale delle aziende.
Nel frattempo ha accumulato un bagaglio di sociologia rurale ed esperienze di vita e lavoro in aziende diversificate dall’Italia al Belgio, dall’Irlanda alla Francia, dal Giappone a Cuba, in Grecia e adesso in Spagna: «Mi piace imparare come i contadini in diversi contesti coltivano il cibo che arriva sulle nostre tavole, ma anche come socializzano o si prendono cura della loro salute e del loro ambiente. C’è molto altro da comprendere e su cui lavorare se vogliamo rivitalizzare il mondo rurale».
La posta in gioco
Una visione che lo prepara al ruolo che può svolgere l’agronomo nella contemporaneità, con i molteplici fattori d’incertezza che la caratterizzano. E sulla posta in gioco Matteo non ha dubbi: «L’agronomo dovrebbe accompagnare il contadino nella crisi planetaria in cui viviamo e non semplicemente prescrivergli le false soluzioni che ci hanno portato fin qui. Piuttosto, è una figura complessa e competente, che mette in relazione le opportunità con i vincoli che hanno i contadini, sempre più schiacciati da un mercato che li penalizza» conclude.
Una bella sfida, insomma. Tutta da vincere, sul campo e non solo.