Gli arabi la chiamano al badinjian, gli spagnoli berenjena. I nostri cugini d’Oltralpe invece la conoscono come aubergine. Di cosa stiamo parlando? Ma della melanzana, naturalmente. A dire il vero inizialmente in Italia era detta petronciana, in seguito la prima parte del nome fu modificata in mela, dando così origine al termine melangiana.
Ed ecco infine l’odierna “melanzana” dal latino “mela insana”, chiamata così perché non commestibile cruda, nelle sue diverse varietà: viola, bianca, tonda, ovale e molte altre.
Eccellenza lucana
Fra le tipologie presenti nel nostro paese ce n’è una che non può certo passare inosservata. Si tratta della Melanzana Rossa di Rotonda Dop coltivata nel territorio della provincia di Potenza e in particolare nei comuni di Rotonda, Viggianello, Castelluccio Superiore e Castelluccio Inferiore. Così ce la presenta Nicola La Gamma, presidente del Consorzio di tutela:
«Quest’ortaggio è un’eccellenza del territorio. E noi puntiamo a proteggerla e valorizzarla perché nasce dal lavoro, dalla passione e dalla caparbietà dei nostri agricoltori».
Habitat ideale
Dal color arancio intenso e dal profumo fruttato, con una forma rotondeggiante simile a quella del pomodoro – tant’è che nel dialetto locale ha preso il nome di merlingiana a pummadora – la Rossa di Rotonda pare sia stata portata sin qui, agli inizi del secolo scorso, dagli stessi abitanti della zona di ritorno dalla guerra d’Africa. E qui, grazie alla fertilità del terreno, al clima dolce, alla purezza delle acque di sorgente ed alla cura dell’uomo, ha trovato il suo habitat ideale in un’area delimitata nel Parco nazionale del Pollino.
Sapore inconfondibile
Completamente diversa dalla melanzana viola (originaria dell’India e portata in Europa dagli Arabi intorno al 1400) la Rossa sorprende per il suo sapore piccante con un piacevole finale amarognolo, per le sue proprietà antiossidanti e per il suo basso contenuto di acido clorogenico, responsabile dell’imbrunimento della polpa, per cui resta bianca anche per molto tempo dopo il taglio.
Raccolta a mano
La raccolta, eseguita rigorosamente a mano, inizia a luglio e si protrae fino a novembre. E non è raro vedere grappoli di melanzane appesi ad asciugare sotto le tettoie delle case. Impiegata in diverse ricette della cucina lucana, della Rossa come si suol dire, non si butta via niente. Persino le tenere foglie, ricche di vitamina C e di ferro, vengono consumate in insalata oppure bollite o saltate in padella. Aggiunge La Gamma:
«La nostra melanzana negli ultimi anni ha ricevuto molti apprezzamenti sia in Italia che all’estero. Segno questo che stiamo andando nella giusta direzione».
Alla scoperta del borgo
Lo testimonia anche il tanto atteso appuntamento annuale con la manifestazione “Il Bianco e la Rossa” che si svolge alla fine di agosto nel caratteristico borgo di Rotonda. Una tre giorni di dibattiti, show cooking, degustazioni e spettacoli per celebrare le due dop del Pollino: la melanzana rossa ed il fagiolo bianco. Una ghiotta occasione per andare alla scoperta del ricco patrimonio architettonico, storico e naturalistico di quest’angolo di Lucania. A cominciare da Rotonda il cui nome evoca la disposizione delle sue abitazioni, ubicate in modo da sembrare un unico blocco rotondo con al centro il castello. Il paese è tutto un susseguirsi di viuzze strette e ripide, scale in pietra ed edifici abbelliti da splendidi portali, acquasantiere e fioriere, frutto della maestria degli artigiani locali.
Arte, storia e natura
Uno di questi è Palazzo Tancredi, una dimora nobiliare dove, il 2 settembre 1860, soggiornò Giuseppe Garibaldi reduce dalla conquista della Sicilia e della Calabria e diretto a Napoli per combattere contro l’esercito di Francesco II. Non molto distante c’è il Museo naturalistico e paleontologico che ospita tra l’altro, i resti di un esemplare di Elephas antiquus italicus risalente al Pleistocene Medio Superiore (400mila-700mila anni fa) rinvenuto nel 1982 in località Calorie.
A circa un chilometro dall’abitato si erge il Santuario di Santa Maria della Consolazione risalente alla seconda metà del ‘500 e costruito nel punto esatto in cui, secondo la leggenda, apparve la Madonna per preservare il paese dall’epidemia di peste che stava diffondendosi nel circondario.
Alberi maestri
Oggi, parte del complesso è sede dell’Ente Parco nazionale del Pollino e dell’Ecomuseo che offre ai visitatori un dettagliato percorso espositivo – grazie all’ausilio di fotografie, filmati, ricostruzioni in 3d, ambientazioni tattili, visive ed auditive – sulla flora, la fauna, la storia e le tradizioni del parco. Attraverso un tranquillo sentiero si arriva alla Faggeta Vetusta di Cozzo Ferriero, riconosciuta Patrimonio Unesco. Un affascinante ecosistema di circa 70 ettari, dove è possibile ammirare alberi monumentali, fra cui un antico pino loricato la cui età stimata è di 1.230 anni. Il suo nome è dovuto alla ruvida corteccia che lo caratterizza e che deriva dalla “lorica” ovvero dalla corazza indossata dagli antichi guerrieri romani.
E al cospetto di questo “fossile vivente”, ci ricordiamo di non essere noi i padroni della terra ma di appartenervi.